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Il pelo nell'uovo: ecco su cosa Strama deve ancora lavorare per crescere

di Mario Garau

Un derby vinto per salutarsi e rivedersi dopo la sosta per le nazionali. Una vittoria arrivata nel momento migliore, che aumenta l'appetito di squadra e tifosi. Un solo rischio: quello di abbandonarsi a facili entusiasmi, omettendo quei limiti che anche domenica sera sono riemersi a galla. Perché se una vittoria del genere può farti volare, può avere anche un effetto boomerang, inverosimilmente negativo. Piace la compattezza della squadra, ben organizzata tra i diversi reparti e con un'idea precisa di come stare in campo. Piace meno il suo atteggiamento palla al piede: Stramaccioni ha sempre detto che la squadra lavora durante la settimana sul possesso. Bene, sembra strano, ma si fa fatica a ricordare azioni in cui l'Inter è riuscita ad addormentare il gioco dopo il vantaggio, come accadeva a inizio stagione.

Fortunatamente i numerosi successi degli ultimi anni ci fanno avere un'idea ben chiara di quale sia la mentalità e il comportamento di una squadra in grado di guidare per un'intera stagione il campionato. La gestione del vantaggio dell'Inter, domenica sera, ha destato più di qualche dubbio. Sicuramente un eventuale raddoppio di Milito avrebbe cambiato totalmente la gara, ma va anche sottolineata l'incapacità dell'Inter di sfruttare gli spazi concessi dal Milan e attaccare la sua metà campo. Il tutto va collegato in buona parte - volendosi soffermare solo sul derby - all'inferiorità numerica con cui si è fatto i conti per un'intera ripresa, ma l'Inter ha scelto autonomamente dopo il gol di Samuel di non voler mai gestire in pallone optando per una forte resistenza all'arma bianca, che in molti hanno ingenerosamente collegato alla storica Remuntada dell'era Mourinho.

Urge allora evidenziare le qualità tecniche dei giocatori schierati a centrocampo da Stramaccioni: Zanetti, Cambiasso, Gargano e Nagatomo. In panchina: Obi, Duncan, Guarìn, Mudingayi, Pereira. Giocatori - fatta eccezione di Guarìn - che non vantano di certo tra le proprie abilità tecniche il passaggio. Il dubbio allora è lecito: una squadra che vuole fare del possesso palla un punto di forza, come fa a non avere in rosa nessun palleggiatore? O meglio, come fa ad avere così poche linee di gioco quando attacca? Il tutto potrebbe essere ricondotto anche agli automatismi ancora da acquisire dopo il cambio di modulo. Ma la faccenda non può non preoccupare: il campanello d'allarme scatterà sicuramente a gennaio, dove si proverà a strappare Paulinho al Corinthians. Intanto servirà un'analisi tattica approfondita. Non è tutto oro quello che luccica, le basi per scalare la classifica ci sono, ma manca ancora lo strumento decisivo: il possesso palla.


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