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Impressionante lezione di calcio nerazzurra alla sterilità portoghese: Benfica ammutolito

di Niccolò Anfosso

La pressione di quei momenti istantanei racchiusi nell'universo della Champions League. Da quanto mancavano in casa nerazzurra! Il Da Luz è caldo sin tre ore prima del calcio d'inizio, entrambe le tifoserie sono consapevoli della posta in palio e colorano la città di Lisbona di un entusiasmo accelerato. Riaggressione per il recupero palla rapido, costante proiezione degli spazi e la comprensione di uno sviluppo giocoforza dinamico. Il 4-2-3-1 di Schmidt è ormai un marchio di fabbrica e Inzaghi lo sa benissimo, provando subito ad eseguire la contro mossa del pressing incredibile sulla prima linea di pressione. Fare uscire dalla prima impostazione i portoghesi significa quasi auto-condannarsi nella presentazione di occasioni tecnicamente e sostanzialmente rilevanti. I primi venti minuti sono di grinta reciproca: l'approccio metodologico di Benfica e Inter è un riflesso delle attenzioni. Non proprio precise, come quando Lautaro sbaglia il filtrante decisivo per Dzeko dopo un errore tecnico impressionante del centrocampo lusitano.

IL BILICO SPONTANEO. Così l'istante trasforma l’istinto indomabile in un luminoso crepuscolo. E il bilico diviene aspetto preponderante di una spontaneità continua. L'impatto di Dimarco nel grande lavoro di protezione palla di Lautaro è il punto d'inizio di una crescita impostata con buone trame nel corso della prima frazione. La proiezione prospettica del positivismo incide, la banda di Schmidt sembra un po' scomposta, quasi sorpresa, dall'atteggiamento caparbio a tinte nerazzurre. Barella corre come un indemoniato e Brozovic pennella con le sue finte di corpo, mandando spesso fuori tempo la linea mediana avversaria. L'avvio di ripresa è incendiato dal ritmo folle dei padroni di casa, subito aggressivi nella predisposizione avanzata. Qualità e impostazione zittite entrambi dal piede incredibile di Bastoni: pennellata sul secondo palo dove Barella incorna l'incrocio del vantaggio. Grande timbro a squilibrare il bilico: l'anima del leader nella traiettoria costruita. Una segnatura di vitale importanza.

QUEL LUNGO RETTILINEO. La pressione del Benfica diventa asfissiante, anche se gli attacchi non sono così efficienti come Schmidt in realtà si aspettava. I nerazzurri agguantano ogni posizione del baricentro, curando le incursioni dei centrocampisti avversari con la padronanza degna di questo splendido palcoscenico. Il Benfica sembra sulle gambe, non riesce ad attaccare con la funzionalità costruita dai gironi fino agli ottavi di finale, passando per un  campionato dominato. In alcune contingenze i portoghesi sembrano irriconoscibili nello sviluppo complessivo. Lukaku entra e lotta con decisione, Schmidt non riesce a comprendere la partita e s'affida a Neres per scardinare i bulloni difensivi nerazzurri. Che continuano con un posizionamento preciso e ben determinato. La possibilità condotta ancora dal sinistro di Bastoni per la zuccata di Dumfries, vicinissimo al secondo gol che avrebbe chiuso i giochi. Il tocco di braccio di Joao Mario consegna ai nerazzurri la possibilità del raddoppio: la freddezza di Big Rom nell'incrociare il mancino dagli undici metri è pura realtà. Con l'esultanza scandita dal raddoppio. E sugli spalti del Da Luz si sentono solo i cuori nerazzurri. E all'ultimo secondo Onana ferma Goncalo Ramos che già respirava l'1-2. Impressionante lezione di calcio a tinte nerazzurre ad un Benfica sterile e svuotato.


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