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Inter, i sintomi di Icardi e l'importanza di Ljajic. E' tempo di triello (più uno)

di Marco Lo Prato

L’uomo copertina di questo inizio d’anno è sicuramente Mauro Icardi. Con Jovetic in panchina, è Maurito a prendersi sulle spalle la squadra, rifinendo una delle poche azioni da gol che l’Inter è riuscita a creare al Castellani di Empoli, contro la squadra di Giampaolo che s’è dimostrata una volta di più bella e guerrigliera. Ma Roberto Mancini e i suoi stanno portando avanti l’elogio della sostanza, quindi il conto si aggiorna: con nove gol, ventisette punti. Quella di ieri è la nona vittoria per 1-0 della stagione nerazzurra e la decima arrivata con un solo gol di scarto. Una squadra imperfetta, i cui limiti sono evidenti ma che allo stesso tempo si fa forte dell’estro dei suoi uomini: tocca a Ivan Perisic tirare fuori il coniglio dal cilindro, con un doppio passo fulminante che secca il suo marcatore e lascia al croato lo spazio per crossare sul primo palo, lì dove Mauro Icardi è una sentenza. Sono quattro gol nelle ultime tre partite: sintomatologia di un bomber che sta ritrovando se stesso. 

INTER FORMATO IC - Se Icardi è l’uomo copertina, i collanti di questa squadra sono quelli che finiscono in -ic. Al di là delle doti da maratoneta di Perisic, capace di arare la fascia come un ala vecchia maniera, a sorprendere sono le doti da tuttocampisti di Brozovic e Ljajic: la strana coppia si dimostra fondamentale per gli equilibri della squadra. Il croato fa girare il pallone da regista occulto, oltre a saper sfruttare le sue doti d’inserimento, sfruttando i varchi dietro la linea dei centrocampisti avversari, mentre il serbo è praticamente d’appoggio a chiunque, fungendo da triangolatore o rifinitore dell’azione. Ma ad entrambi manca l’ultimo passo: Ljajic deve essere più cattivo nelle conclusioni, mentre Brozovic deve riuscire a gestire alcuni momenti della gara in cui non riesce ad essere lucido al 100% e finisce per farsi travolgere dagli eventi: falli scomposti o tiri sconclusionati sono la conseguenza di ciò. 

SCRICCHIOLII - E’ innegabile che l’Inter abbia sofferto non poco in quel di Empoli. Non è la prima e non sarà l’ultima, certo, ma il modo in cui la squadra di Giampaolo ha messo sotto i nerazzurri per gran parte della gara ha stonato con l’immagine che si è costruita in queste prime diciassette giornate di campionato. Non tanto per le folate offensive che ha subito, quanto per le imbucate centrali che per poco non hanno trafitto Handanovic. E se Joao Miranda si è mostrato come al solito irreprensibile e fondamentale, ieri Murillo ha avuto dei momenti di black-out, fidandosi forse troppo della sua esuberanza fisica. Il rigore non dato da Celi è la testimonianza del colombiano, che non sa ancora dosare la sua energia e quando non è in giornata si nota. Sbavature, in un girone d’andata pressoché perfetto. 

IL TRIELLO (PIU’ UNO) - La cosa più importante per i nerazzurri era rispondere alle rivali, tutte vincenti e convincenti (il Napoli si è accodato in serata). Sarà una bagarre di nervi e sangue freddo, da qui a Maggio. La Juventus vola sulle ali di un entusiasmo ritrovato e soprattutto di una squadra finalmente sana, così come il Napoli è spinto dalla sua forza offensiva. C’è poi la Fiorentina, ebbra del gioco spumeggiante e solido con cui Paulo Sousa vuole riscrivere le gerarchie del campionato. La Roma invece è in balia degli eventi. E poi c’è l’Inter: fragile, imperfetta, ma solida e concreta. Il gruppo nerazzurro, screditato dopo la sconfitta contro la Lazio, ha dato la miglior risposta possibile. Insomma, come quelle figure che nei film arrivano da lontano, di cui non si sa la reale consistenza, l’Inter sorprende, spaventa, fa sperare. E pur si vince, parafrasando Galileo Galilei. Sempre a caccia delle risposte cui la Benamata va bramando. 


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