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Inter marchio registrato. L'enigma Eriksen, l'acuto di Sanchez: la riflessione di Conte sul percorso 

di Marco Lo Prato

Quale miglior modo di ricominciare il campionato se non con una spumeggiante, gloriosa vittoria all’ultimo secondo? Il 4-3 con cui l’Inter ha battuto la Fiorentina è un marchio registrato, quello di sempre: la Pazza Inter che ogni tanto si ricorda di sé stessa. Un esordio al cardiopalma, in cui a vincere è stata la qualità debordante di un gruppo che mai come quest’anno crede in se stesso. Rimontare due volte lo svantaggio, dopo essersi fatti rimontare altrettanti gol può voler dire tante cose, anche se a inizio stagione qualche svarione è concesso. Le attenuanti ci sono, ma già contro il Benevento l’Inter è chiamata a un certo tipo di risposta. Per l’obiettivo grosso, questa volta per davvero. 

NUOVI - La prima Inter 2.0 di Conte è un mix di vecchie certezze e nuovi spunti. Il 3-4-1-2 ha l’obiettivo, per stessa ammissione del tecnico, di confermare Christian Eriksen al centro del gioco della squadra: risultato riuscito a metà, perché il danese - così come tutta la squadra - brilla a fasi alterne. 

Quando si inizierà a capire che i risultati del gruppo non possono dipendere da Eriksen, né tantomeno il contrario, forse si compirà il passo decisivo per decriptare l’ex Spurs: il 24 non potrà mai sostenere il peso offensivo di una squadra sulle sue spalle. Ma può essere la freccia decisiva in una faretra ricca di soluzioni: nel primo tempo, gran parte dei pericoli (così come il pallone da cui nasce lo 0-1 Viola, certo) nascono dai suoi piedi. E nella ripresa, è una sua giocata geniale a mandare in porta Lautaro per il 2-1. 

Croce e delizie, per un giocatore da cui ci si aspetta sempre l’impossibile: si parla di timidezza, si identificano cause e scusanti. A volte bisognerebbe solo appellarsi al processo: di crescita, umana e professionale, all’interno di un contesto. In cui ci sono degli elementi che rendono per naturale propensione: Vidal, certo, ma anche Alessandro Bastoni, giocatore di una classe superiore. Hakimi, che dà inizio alla sua avventura milanese con un paio di roboanti discese sulla destra. Lautaro, che grazie al lavoro di Conte sta trovando la sua dimensione internazionale: dopo un'estate di chiacchiere, ha risposto presente con delle giocate decisive nell'arco dei 90', non solo nei primi trenta. 

Si parlerà di Kolarov, apparso appannato in una difesa a tre rimaneggiata, ma mai in bambola: anche dopo una partita ampiamente insufficiente, si è dimostrato sempre lucido con il pallone tra i piedi, mai dubbioso sulle sue qualità. Di questo ha bisogno l’Inter: gente con la faccia tosta. Ho fatto un errore? E chissenefrega. Segnerò all’azione successiva. 

L’ACUTO - Oltre all’uso dell’esperienza, l’Inter ribalta la partita grazie alla profondità della sua panchina. Conte stravolge le sue idee e schiera una difesa a quattro con il rombo di centrocampo che trova il suo zenit in Alexis Sanchez. Aspettato, rimesso in sesto, potenziato: la Maravilla è sbocciata e all’Inter ha trovato la sua casa. 

Gli ultimi 5’ della gara contro la Fiorentina sono da manuale: prima l’hockey pass con cui trova Hakimi sul filo del fuorigioco, per il tap-in di Lukaku. Poi il gioco dalla bandierina con Sensi, per il cross che centra la testa di D’Ambrosio - sempre lui! Infine, una serie di sapienti astuzie a cristallizzare la partita, giocando con il ritmo e i nervi degli avversari. Non poteva esserci modo migliore per iniziare questa stagione, Alexis: il primo acuto, proprio nel momento di massimo bisogno. 

PERCORSO - La gara contro la Viola potrebbe rappresentare il manifesto programmatico della dichiarazione di Conte nella conferenza stampa d’inaugurazione della stagione: “devo imparare a godermi il percorso”. Quello dell’Inter appare netto e chiaro, tracciato: a volte tortuoso, ma con un’idea chiara di come percorrerlo. L’Inter non ha mai smesso di giocare il suo calcio, nemmeno nei 15’ minuti di difficoltà totali d’inizio gara, quando la Fiorentina ha tenuto in apnea la squadra di Conte con un pressing serrato e delle posizioni medie altissime. A poco a poco, l’Inter si è aggrappata alle sue certezze: la risalita dal basso, Lukaku a giocare da centro boa, Barella a sprizzare elettricità a centrocampo. E non è un caso che nasca proprio da loro due l’azione che riapre la partita: il tiro di Lautaro è una gemma rara, ma il gol parte da lontano. Proprio come la rincorsa di questa Inter, che quest’anno è arrivata alla curva decisiva del percorso di Conte: è troppo presto per sapere dove condurrà, ma il viaggio continua. 

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