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Inter-Napoli dà indicazioni al campionato, ma non allo scudetto. Quante recriminazioni: a sé stessi, Mariani e il mercato

di Egle Patanè

La soleggiata domenica milanese si chiude nel capoluogo meneghino quanto negli umori dei campioni d'Italia in un panorama che fa molto anni 60: sommersi dal grigiume della nebbia . Un grigiume di cui la squadra di Simone Inzaghi si imbeve dopo il primo faccia a faccia con Antonio Conte , al primo vero appuntamento che fa percepire l'odore di lotta scudetto ma che di questo scudetto delinea poco o niente. Finita 1-1, Inter-Napoli di ieri sera al Meazza ha sicuramente detto qualcosa al campionato ma non all'eventuale 'Tricolore': nessuna delle due candidatissime ha approfittato del game-point per alzare la voce e, volendo guardare agli interessi del proprio orticello, se ce n'è una che ha da recriminare qualcosa, quella è l'Inter. Recriminazioni in primis  verso sé stessa, in secundis per l'arbitraggio e per ultimo ma non meno importante per il mercato estivo.

Se è vero ciò che croce e delizia della fredda serata del Meazza,  Hakan Calhanoglu , ha detto, ovvero che sulla gara fatta dai nerazzurri non c'è nulla da dire, altrettanto vero è che il tecnico piacentino continua ad avere più e più cose da rivedere i meccanismi della sua squadra. Quantomeno se non si vuole far svanire l'obiettivo di bissare lo scudo. Ancora una volta l'Inter si mostra imprecisa davanti, talvolta persino improduttiva, specie quando - come in questo caso - Lautaro non gira come dovrebbe. Il capitano nerazzurro è il grande 'assenteista' della reunion di ex andata in scena ieri sera al Meazza: rinfrollito e a tratti quasi confuso, l'argentino non entra mai in partita, quantomeno fino agli scampoli finali, perdendo l'occasione di ricordare al vecchio caro compagno di reparto Lukaku cosa si è perso. Lautaro, da buon capitano, si erige a egregia metafora sinottica di un'Inter che perde la possibilità di innescare il sorpasso e riprendersi la vetta della classifica in solitaria, per la prima volta in stagione. Mea culpa doveroso pronunciato anche da Calhanoglu, 'colpevole' del primo errore dal dischetto che ha vanificato l'occasione del raddoppio per i padroni di casa. Palo pieno che lascia attoniti e increduli i nerazzurri e salva i partenopei che dopo la visita in casa dei campioni in carica hanno senza dubbio mostrato a loro stessi una verità: si può lottare sì, ma con una partenza poco poco in ritardo rispetto all'Imter senza rischiare grossi sprechi.

Se è Calha l'antagonista a sorpresa, il personaggio che non ti aspetti, rendendo tutto un po' più glaciale nella già gelida notte di San Siro. Il turco s'improvvisa 'cattivo' di turno, in una trama normalmente patria delle sue gesta. E dopo aver ripreso una partita che il Napoli aveva messo in discesa per se stessi al 23esimo con McTominay , infilzando la difesa nerazzurra ancora una volta su una situazione di calcio piazzato, sbaglia lì dove non immagini, mandando in frantumi la possibilità di tornare ad esultare come nelle lontane notti d'aprile. Esultanze che però l'Inter non riesce a sputar fuori per colpe proprie ma anche a causa di una direzione arbitrale  che fa arrabbiare tanto Conte quanto gli interisti. Se il tecnico degli azzurri lamenta (comprensibilmente) un'ennesima falla sistematica di un protocollo VAR che fa spesso acqua, vedi la controversia nella possibilità d'intervento  sul rigore concesso all'Inter per fallo su Dumfries, rischiando dunque di perdere un match che Calhanoglu invece inchioda sull'1-1, nel lungo e prolungato sfogo mediatico dimentica altresì di citare il mancato intervento del VAR sul rigore concesso in casa dell'Empoli a proprio favore per fallo su Politano, errore vistosissimo, che in quel caso ai partenopei ha fruttato tre punti silenziosamente intascati e portati nel fortino di Castel Volturno. Come altrettanto in silenzio si è rimasti nel tocco di mani di Matias Olivera , a inizio ripresa, quando Lautaro riceve un pallone servito da Dumfries, senza però riuscire a stoppare ed impattare perché anticipato dal difensore del Napoli che vizia il suo intervento palesemente con la mano, nel più totale disinteresse di arbitri e addetti ai monitori. Un errore che pesa quanto un macigno e tre potenziali punti che finiscono invece disseminati in perfetta linea operativa di quest'anno, stagione durante la quale, diversamente dalla scorsa, gli sprechi iniziano ad essere tanti quanto allarmanti. 

In queste prime quindici giornate, i campioni d'Italia hanno quasi già affrontato tutte le big e, sebbene sia vero che ad oggi i vertici della classifica sono territorio ricco d'affollamento, altrettanto vero è che nella seconda metà di stagione i big match saranno quasi tutti in trasferta e con un livello d'insidia che può alzarsi leggermente ma che ancora una volta, alla luce delle statistiche, non spaventa. A riguardare i numeri dei 90 e rotti minuti di ieri, su una cosa Inzaghi quanto Calhanoglu hanno clamorosamente ragione: l'Inter avrebbe persino meritato di più , basti guardare le statistiche di un secondo tempo durante il quale gli azzurri sono stati ordinati e bravi a contenere senza però riuscire mai a tirare in porta, tentativo ghiottissimo di Simeone escluso, piccolo guizzo della speranza della squadra ospite che ad un passo dal triplice fischio tenta il colpaccio della vita, calibrando male e spedendo il pallone direttamente al secondo blu. Ancora un gol preso, ancora da calcio piazzato e ancora un difetto di vittoria in un match che avrebbe potuto e dovuto riequilibrare la classifica e che invece, oltre a qualche recriminazione a sé stessi e al duo Mariani-Di Paolo, lo deve anche al suo mercato, quando decise di 'regalare' il gioiellino di difesa tanto seguito e desiderato ad Antonio Conte, arrivato deciso e convincente e oggi gratificato da un muro di difesa dal nome Alessandro e dal cognome Buongiorno che vale il punto di ieri e molto, molto di più.

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