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Inter, sipario sul teatro dell'assurdo. L'eliminazione dalla UCL ha un nome, il piano B può essere solo uno

di Marco Lo Prato

A volte il calcio è strano. Altre volte, la sfortuna ci vede benissimo. Se si mischiano questi due fattori, si ottengono i 180’ di Champions League tra Inter e Shakthar Donetsk, la sagra dell’assurdo. La squadra di Conte ha collezionato 33 tiri in porta, ha colpito tre traverse e ha segnato zero gol. Nel doppio scontro contro la squadra ucraina, esattamente lì dove ha perso la qualificazione al turno successivo, l’Inter ha mostrato tutti i limiti di un calcio che può esistere solo a certe condizioni.

Gli episodi hanno fatto il resto: il gol sbagliato all’andata da Lautaro, da due passi. L’assurdo salvataggio di Lukaku, sul colpo di testa a botta sicura. Le due strepitose parate di Trubin, quando il risultato era in bilico. Se si rigiocassero un milione di volte, sarebbe difficile far finire 0-0 ancora queste due partite, ma tant’è. Game, set & match: l’Inter si preoccupava del biscotto e - per il terzo anno consecutivo - si è infranta su se stessa. 

FERMI - Raccontare i 90’ di Inter-Shakthar Donetsk è un compito semplice, a posteriori. Immaginatevi un martello che batte su un incudine, ripetutamente. Con lo stesso ritmo, la stessa intensità, niente di più: qual è il risultato?

Lo Shakthar Donetsk chiarisce le sue intenzioni fin da subito: l’obiettivo degli ucraini è giocarsi l’accesso per l’Europa League, non la qualificazione agli ottavi - se non ne siete convinti, consultate i tweet sul profilo Twitter dello Shakthar Donetsk dopo il triplice fischio. Castro, come all’andata, parcheggia il pullman e man mano che i minuti passano guida i suoi in una ritirata strategica: ci sono stati momenti in cui l’esterno adattato punta giocava sistematicamente dentro la propria trequarti. Asseragliati, a difesa del risultato.

L’Inter, dal canto suo, giocava a fare il martello spuntato: una trama infinita di passaggi, senza apparente piano B. Hakimi giocava altissimo, talvolta si accentrava per liberare il mezzo spazio per Barella, ma l’azione era talmente lenta che il Donetzk riusciva a rispondere alla mossa interista senza troppi patimenti. Le rare occasioni in cui qualcosa sembrava muoversi, la sfortuna: Lautaro ha pescato la quarta traversa di questa Champions League e la serpentina di Lukaku in area di rigore si è infranta sulla muraglia di difensori. Non è il momento. 

PIANO B? - Conte ai microfoni di Sky ha parlato di un paventato piano B, ma nel secondo tempo tutto quel che si è visto a San Siro è stata una squadra che si è spenta troppo presto sotto il peso della responsabilità. Barella, un leone nel primo tempo, come Gagliardini e altri compagni aveva semplicemente finito la benzina. 

Stellini si è avvicinato a Conte per suggerire dei cambi, ma il tecnico interista ha preferito aspettare e vedere come si evolveva la gara: come se avesse più paura di prendere un gol spacca ossa, piuttosto che segnare l’assesto decisivo per il passaggio del turno. La cronaca dell’ultima mezzora è impietosa, tra gli errori di misura, gli ingressi tardivi e lo stravolgimento degli ultimi 5’, in cui Eriksen ha provato a segnare da ogni posizione. I miracoli di Trubin e soprattutto il posizionamento di Lukaku sul tiro a botta sicura di Sanchez, che nel 99.9% sarebbe stato gol, sono il beffardo epilogo di un cammino sciagurato. 


PERCORSO - La verità è che quest’anno l’Inter non ha mai meritato l’accesso alle fasi finali di Champions League, né nel corso dei novanta minuti contro lo Shakthar Donetsk né nelle altre 5 partite. La campagna europea nerazzurra va chiamata per quel che è: un fallimento. Condizionato dalla sfortuna e dagli infortuni, certo: ma anche da alcune scelte incomprensibili, come la gestione dei cambi, e dall’incapacità di variare da uno spartito che non ha mai dato frutti.

Una vittoria in 6 gare è un bottino magro che porterà a delle riflessioni profonde. Soprattutto per le dichiarazioni di fine gara di Conte, che è sembrato poco lucido e lontano dalla realtà. E’ vero che l’Inter non è stata aiutata dalla fortuna, ma non può essere l’unica giustificazione per essere arrivati a giocarsi l’accesso agli ottavi in un girone del genere sperando nel gol in mischia al 90’.

L’Inter è un’ottima squadra, che ha un sistema di gioco adatto per vincere una maratona. Ed è per questo che la caduta di quest’anno è ancora più fragorosa, eclatante: si poteva uscire da un girone di Champions League, ma non così. L’Inter non è mai arrivata quarta nella sua storia. 

Ma ora c’è da guardare il bicchiere mezzo pieno. Il fatto di essersi auto eliminata dalla Champions League spalanca le porte del campionato: 5 punti dal Milan sono tanti, ma adesso non ci sono più scuse. Dimenticare questa serata è impossibile, il ricordo tartasserà l’ambiente ancora per un po’. Il modo per rendere più dolce questa sconfitta deve essere il vero piano B di questa squadra: issarsi in testa alla Serie A. L’Inter di Conte riuscirà ad assolvere alla sua missione? 


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