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L'archiviazione è vicina e nessuno ha studiato Kierkegaard. Dov'è Mateo?

di Marco Lo Prato

Inutile girarci attorno: absit iniuria verbis, ma questa Inter non potrà mai arrivare al terzo posto. Pareggiare in casa con il Cesena è sintomatico della pochezza di una squadra che non riesce a concretizzare un netto predominio territoriale e che mentre la stagione entra nel vivo vede sfumare ogni obiettivo raggiungibile. Ora gli uomini di Mancini si trovano in punta di piedi alle porte del baratro: fuori dalla Coppa Italia e al settimo posto in campionato, a spingerli ulteriormente verso il burrone è il pesante 3-1 rimediato contro il Wolfsburg in terra tedesca che condannerebbe i nerazzurri ad archiviare la stagione praticamente ad aprile. Usciti dall’Europa League, infatti, le possibilità di partecipare ad una delle due competizioni europee l’anno prossimo sarebbero prossime allo zero. No, non è una situazione semplice da sbrogliare per l’Inter. Ora bisognerà tirare fuori tutto quello che si ha giovedì prossimo, quando si decideranno le sorti del doppio confronto contro i tedeschi. Consapevoli che essere eliminati vorrebbe dire fallimento su tutta la linea. 

E’ QUESTIONE DI ATTIMI - Il filosofo danese Kierkegaard ha passato un’intera vita a discutere sulla valenza di un attimo nell’economia dell’esistenza di un uomo. Ecco, si vede che gli uomini della difesa -quando al liceo il professore di filosofia spiegava le teorie del primo esistenzialista del pensiero occidentale- erano parecchio distratti. Non si spiegano altrimenti le continue disattenzioni dei difensori interisti: nonostante un buon inizio, con uomini stretti e difesa impermeabile, l’Inter ha subito gol su imbucata centrale per una mancata copertura difensiva. L’ABC del calcio, insomma. E non è la prima volta che i nerazzurri si fanno beffare in un gioco di attimi, perdendo così la bussola del match. E’ la triste realtà: soffrono di preoccupanti amnesie. 

A TUTTO ICARDI - Ha segnato un gol incredibile in rovesciata, dopo aver raccolto il pallone teso di Dodò. Ma soprattutto, Mauro Icardi sta diventando un grande attaccante, capace di svariare su tutto il fronte offensivo. Tutte le pecche su cui si discuteva qualche tempo fa riguardanti l’attaccante argentino stanno sparendo: non sa tenere il pallone? Ecco che Maurito si mette a lavorare di corpo contro il difensore per permettere alla squadra di salire. Non è capace di muoversi dall’area di rigore? Ecco servito l’assist a Palacio per il gol del pareggio. Movimento da prima punta vera, ad allargare la difesa avversaria, spalle alla porta. Poi, il cross teso su cui si avventa il Trenza. Ed è 1-1. 

SPRINT POLDI - E’ stato uno degli uomini più criticati degli ultimi due mesi. Inconsistente, tardivo, non incisivo. Questi i principali capi d’accusa contro Lukas Podolski, arrivato in prestito dall’Arsenal nello scorso gennaio. Poldi ha incassato le critiche ed è partito dalla panchina in occasione della partita di ieri sera. Tuttavia è stato proprio il suo ingresso in campo a fornire il giusto supporto a Mateo Kovacic e grazie all’apporto del tedesco Mancini ha potuto varare il 4-2-3-1 che ha aperto di più il campo, permettendo ai nerazzurri di sfilacciare la linea difensiva dei romagnoli. Sua anche una delle conclusioni più pericolose dell’Inter: tiro da fuori area che ha colpito il palo. 

DOV’E’ MATEO? - E’ il rebus della stagione dell’Inter. Che fine ha fatto tutto il potenziale di Mateo Kovacic? Non si vuole criticare un ragazzo classe 1994 il cui talento è immenso, solo analizzare come sia possibile che, con tutti i mezzi a disposizione, il ragazzo non sia ancora esploso. E’ evidente che Kovacic sia una creatura particolare del calcio moderno: un centrocampista capace di cambiarti la partita in pochi tocchi, servendo con i tempi giusti i compagni e saltando l’uomo con irrisoria facilità. Eppure nell’Inter di Mazzarri prima e di Mancini poi, non c’è traccia di Kovacic, se non sprazzi di talento mal distribuiti nel corso della stagione. Qual è il vero problema dell’ex Dinamo Zagabria? Di primo acchitto, verrebbe da rispondere la posizione in campo. Mezzala? Trequartista? Addirittura esterno d’attacco, come vorrebbe Mancini? La risposta può sembra scontata, ma per le qualità che ha, Kovacic potrebbe svariare su tutto il fronte d’attacco lasciandosi coinvolgere a tutto tondo nella manovra offensiva. Il punto è fornire al croato il giusto apporto: che sia da trequartista o da mezzala, Kovacic si trova meglio a giocare con calciatori che danno del ‘tu’ al pallone -come Podolski nel secondo tempo- piuttosto che con ruvidi centrocampisti come Kuzmanovic e Medel. Il numero 10 nerazzurro è letale in una squadra in grado di palleggiare e sostenere l’avanzata palla al piede di Mateo, fornendo i giusti scarichi e le opportune sponde. Non è facile far maturare un giocatore con queste caratteristiche in un calcio chiuso e tattico come quello italiano… Ma che senso ha criticare un ventunenne che ha mostrato di poter essere decisivo in ogni situazione? Deve maturare, sì. Ma è un tesoro troppo grande per l’Inter che verrà per essere dissipato o sacrificato sull’altare del Fair Play Finanziario. L’unica condizione è metterlo nelle condizioni migliori per emergere. Ad oggi il centrocampo nerazzurro non fa per lui. Ma Mancini lo apprezza e chissà cosa riserva il futuro. Ma, da domani, l’unico pensiero sarà rivolto al Wolfsburg. E ad una rimonta che può essere epica. C’è bisogno di un’Inter diversa, talentuosa e determinata. Appuntamento tra quattro giorni per scoprire cosa ne sarà di questa squadra. 


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