.

L'impatto dei nuovi sulla stagione dell'Inter rispetto a gennaio. Ma è ancora...

di Marco Lo Prato

Sono ormai passati due mesi dall’inizio del campionato e - con l’Inter prima in classifica - ci si inizia ad interrogare sulla bontà degli acquisti effettuati dalla dirigenza nerazzurra in base alle indicazioni tecnico-tattiche di Roberto Mancini. Infatti, se i giocatori arrivati alla Pinetina lo scorso gennaio sono praticamente tutti ripartiti verso nuove avventure, chi è stato comprato nella finestra di calciomercato estiva ha già lasciato il segno sulla stagione dell’Inter. Uno su tutti, Stevan Jovetic, vero perno della squadra, ora che Mauro Icardi stenta a trovare la via del gol. 

ELOGI E... - Jovetic si è dimostrato capace di sostenere il peso dell’attacco, amalgamando le due fasi e fungendo da centro di gioco contro la Roma. Da un suo movimento (e dal suo successivo passaggio) è nato il gol di Medel che ha scaraventato nuovamente l’Inter prima in classifica. Allo stesso modo, Felipe Melo - arrivato a Milano il trentuno agosto - si è subito immerso nell’atmosfera nerazzurra ed è diventato l’icona della GrintInter, 15 punti in cinque partite. Ivan Perisic, non appena sbarcato dall’aereo proveniente da Wolfsburg, è diventato immediatamente parte integrante dell’undici di Mancini e finora ha giocato tutte le partite, risultando decisivo in più di un’occasione. E che dire di Miranda e Murillo, la coppia di centrali che ha sbarrato le strade a diversi attaccanti in queste prime dodici giornate di Serie A, riuscendo a rendere sicuro un reparto che appena qualche mese fa imbarcava acqua da tutte le parti. Sulla fascia sinistra, poi, Alex Telles è diventato un’ottima alternativa a Juan Jesus quando si tratta di spingere piuttosto che difendersi e basta, anche se JJ lavora quotidianamente per migliorare le sue skills sull’out di sinistra: ha perso peso e si allena ripetutamente sui cross in corsa. In attacco, Biabiany sta recuperando la forma migliore e si è già dimostrato decisivo (come a Palermo) e Ljajic - dopo un periodo di assestamento - sembra aver incominciato ad ingranare le marce desiderate da Mancini, mettendo il suo talento a disposizione della squadra, invece di accendersi ad intermittenza. Il fatto che il Mancio abbia preferito schierare lui nel tridente invece di Icardi è sintomatico del bisogno che ha l’Inter di un giocatore come lui, in grado di raccordare il gioco e indicare la via del gol in un momento di magra offensiva. Non è un caso che l’azione migliore dell’Inter nasca da uno scambio tra i due amici, quando Jovetic si abbassa e attira Rudiger fuori posizione, Ljajic si inserisce nello spazio (sfruttando il fuorigioco eseguito male dalla difesa giallorossa) e porta al tiro Brozovic

CONFRONTI - All’appello dei ben figuranti in questo inizio di campionato mancano Geoffrey Kondogbia e Martin Montoya: il francese è un diamante da sgrezzare, mentre il catalano sembra sulla strada del ritorno verso Barcellona, dopo sei mesi apatici a Milano in cui ha giocato soltanto le gare amichevoli. Ma quello che balza all’occhio è l’impatto che i nuovi hanno avuto sull’andamento della stagione, al contrario di sei mesi fa, quando Mancini dette le prime imposizioni per il mercato e Podolski e Shaqiri non riuscirono mai ad imporsi. Per fare una semplice comparazione numerica, basta guardare il campione delle ultime dodici partite paragonandole alle prime dodici giocate dall’Inter manciniana dopo la pausa natalizia. Ebbene, negli undici gol segnati finora, la metà sono stati siglati da nuovi acquisti: tre da Jovetic, uno da Felipe Melo e due da Perisic (gli altri da Icardi, Guarin e Medel). Nei primi due mesi del 2015, delle ventidue reti marcate dai nerazzurri in tutte le competizioni, solo tre portano la firma di una new entry: tutte di Xherdan Shaqiri rispettivamente contro l’Atalanta in Serie A, in Coppa Italia contro la Sampdoria e in Europa League contro il Celtic.  Per il primo gol di Podolski bisognerà invece aspettare la partita contro l’Udinese di fine aprile. Come se non bastasse, le dichiarazioni arrivate nella giornata di ieri di Marco Fassone spiegano come a questo giro l’Inter abbia decisamente imbeccato i profili giusti su cui costruire il futuro, non come a gennaio, quando: “Dopo un paio di mesi ci siamo accorti che la posizione d'esterno che gli voleva cucire addosso Mancini non era la sua. Sul mercato Shaqiri ha avuto tante opzioni, poi ha scelto l’Inghilterra”. 

WORK IN PROGRESS - Ma non è tutto oro quel che luccica. Sebbene individualmente Mancini abbia gli elementi per tornare in Europa, c’è bisogno di trovare la giusta amalgama per sbloccare prima le partite e non rischiare ogni volta di schiantarsi contro il muro avversario. La squadra è ancora troppo lenta e farraginosa nella manovra, così come troppo spezzettata durante i 90’. Per ora l’Inter è riuscita a giocare da vera squadra solo un tempo a partita, senza dare continuità di quaranta cinque minuti in quarantacinque minuti. Di questi sballottamenti tattici quello che ha sofferto di più è stato sicuramente Kondogbia, il cui modo di giocare per ora deve avere più certezze di quante il francese riesca a darne. E’ un classe 1993 e - nonostante il prezzo del cartellino - si farà. Aspettando una manovra offensiva più fluida, l’Inter si tiene stretta il suo spirito da pittbull e prova a correre, sfruttando l’harakiri delle altre squadre e la linea Maginot imbastita da Mancini. Con l’insostituibile Gary Medel a capo delle operazioni. 


Altre notizie