L'Inter è corta e si scontra con la Legge: i cambi raccontano la dura verità. Ora a Conte serve fantasia
L’Inter non può competere contro la Juventus per lo Scudetto: questo era chiaro a tutti, ben prima del pari dei bianconeri a Lecce. Tuttavia, la possibilità di sorpassare la squadra di Sarri ha fatto gola a tutti: questo è uno dei tanti motivi per cui la prestazione dell’Inter che ha portato ad uno scialbo 2-2 in casa contro il Parma lascia qualche rimpianto. Rimanendo ben consapevoli che a questo gruppo mancano due pedine fondamentali quali Sensi e Sanchez e che contro i crociati Conte a disposizione aveva un solo cambio a centrocampo, Borja Valero, completamente escluso dalle rotazioni.
UN VECCHIO DETTO - Ve la ricordate, la legge di Murphy? Ecco, per l’appunto. Yann Karamoh viene rispolverato da D’Aversa, in completa crisi offensiva visto che mancano sia Cornelius sia Inglese, e l’ex attaccante dell’Inter (che non partiva titolare da Aprile) trova motivazioni incredibili e gioca un primo tempo sontuoso, sorretto anche da due errori macroscopici di uno stanco Brozovic. Karamoh segna un gran gol e serve un pallone con su scritto “spingimi” a Gervinho, ribaltando un risultato fin lì bugiardo: il gol di Candreva aveva illuso Conte, ma la verità è che l’Inter è andata in affanno molto presto a San Siro e l’uno due con cui i crociati hanno chiuso la prima frazione è del tutto legittimo, soprattutto perché la reazione dei padroni di casa è stata molle e poco costruttiva: i passaggi erano sempre troppo corti e la trama noiosa, ripetitiva. Un gruppo esperto come quello del Parma ha disinnescato in fretta le soluzioni di Conte, tant’è che c’era una gran apprensione generale per il secondo tempo dell’Inter.
RINCORSA - L’Inter non si è ritrovata spesso a rincorrere, quest’anno. Era successo tre volte e in tutti i casi i nerazzurri hanno lasciato punti per strada: come con Spalletti, questa vicissitudine non è cambiata. Nella ripresa Conte non cambia e la squadra si dimostra comunque più compatta, con il Parma che progressivamente si abbassa sostituendo le sue frecce esterne: con le sostituzioni di Karamoh e Gervinho, D’Aversa rinuncia ad attaccare e si arrocca, anche perché l’Inter alza vertiginosamente il baricentro. La verità è che in questo momento l’Inter non può rinunciare a Stefan de Vrij, l’ago della bilancia della squadra: il cambio con Godin è sofferto, ma lo Sceriffo sembra in affanno a giocare due partite consecutive e l’olandese porta ordine e geometrie in un momento di disperato bisogno. Con Brozovic stremato, è Stefan a orchestrare l’attacco agendo di fatto a centrocampo: la manovra è più pulita, i palloni sulla trequarti si moltiplicano ma alla fine tutte le azioni sono sterili.
POCHI - Questo perché Conte dalla panchina non può pescare jolly entusiasmanti: Esposito entra e dà tutto, prende un giallo e rischia di fare un eurogol pazzesco che probabilmente avrebbe fatto crollare San Siro. Così non è stato, ma da un ragazzo di diciassette anni è difficile pretendere di più. Politano si è spento: dopo qualche buono spezzone, sembra aver accusato l’attenzione nei confronti di Seba, che di fatto l’ha scalzato nelle gerarchie dell’attacco. Calma: è un momento della stagione e costruire casi è come arrabattarsi per edificare una casa su di una nuvola. Sono dinamiche di campo, di cui se ne verrà a capo: quel che è certo è che nessuno è contento del modo in cui Poli è subentrato, intestardendosi nell’uno contro uno fino a perdere la fiducia e a giocare di scarico. I sette minuti di recupero sono l’ultima preghiera ma la squadra non riesce a cingere d’assedio il Parma che si accontenta del punticino strappato a San Siro. Quel che deve far riflettere sono i sette gol presi nelle ultime tre partite, di cui almeno quattro totalmente regalati per disattenzioni: l’Inter ha perso lo scettro di miglior difesa del campionato e Conte deve ricostruire quella certezza lì dietro per sperare di rimanere ancora a lungo in scia alla Juventus. La rincorsa è irta e pericolante, ma l’Inter non molla.
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