L'Inter è una somma di errori e stanchezza. Serve un ultimo acuto, ma la coperta è corta: il Protagonista del Franchi meritava di più
Sono tempi duri, per l’Inter di Antonio Conte. L’inverno è arrivato e sta cominciando a sconquassare l’ambiente nerazzurro. Dopo la dolorosissima eliminazione contro il Barcellona, i nerazzurri pareggiano a Firenze e incassano il contro sorpasso della Juventus: Firenze si conferma un campo stregato per l’Inter, che per la quarta volta negli ultimi 5 anni subisce una rete al Franchi oltre il 90’. E se l’anno scorso le colpe erano da imputare esclusivamente ad Abisso, quest’anno l’Inter non può che recriminare se stessa: per non averla chiusa prima, sprecando la consueta moltitudine di occasioni da gol, e per aver sottovalutato l’ultimo lampo di un’opaca Fiorentina, con Vlahovic lanciato in contropiede al 92’.
STANCHEZZA - Certo, la squadra è ormai ai minimi storici. Con l’infortunio di Candreva, la panchina è ridotta all’osso: se si esclude Godin, il resto delle riserve di cui ha potuto disporre Conte a Firenze aveva racimolato in campo 773 minuti complessivi. Il solo Brozovic ha giocato 1440 minuti, il totale della Serie A. Questo è un dato significativo che racconta di un’Inter stanca, sprecona, che non è riuscita a mantenere la porta inviolata per la decima volta in sedici giornate di campionato. Troppo, per una squadra di Conte. Che non si è mai arreso, nonostante il macigno della doppia squalifica di Brozovic e Lautaro in occasione della gara contro il Genoa: l’esordio di Agoumé ha permesso al diciassettenne francese di assaggiare quel campo che verosimilmente lo vedrà protagonista fra meno di sette giorni.
MVP - Agoumé potrà disporre dell’esperienza di un veterano che ieri ha dispensato classe per ottanta minuti. Borja Valero è stato l’MVP interista al Franchi, la sua vecchia casa: il centrocampista spagnolo ha segnato un gol preziosissimo, seguendo alla lettera i dettami tattici di Conte. Si è inserito con i tempi giusti e con una finta secca ha disorientato Milenkovic. Per uno come lui, il colpo da biliardo con cui ha trafitto Dragowski è un gioco da ragazzi. Dopo la rete, festeggiata alzando le braccia al cielo, Borja ha continuato a far su e giù per il campo sempre in cerca della triangolazione migliore per far salire la squadra. E’ partito in dribbling quando serviva e ha giocato d’intelligenza lì dove gli altri avevano più fisico di lui: esce stremato, fra gli applausi della sua vecchia gente. Peccato per il risultato, altrimenti questa sarebbe stata la vittoria di Borja. 32 giornate dopo il suo ultimo gol, contro l’Udinese.
ERRORI - L’azione del gol nerazzurro non farà dormire Antonio Conte. Ci sono stati alcuni errori macroscopici in serie, dall’anticipo sbagliato di Godin (quoque tu, Jefe!) alla scelta deleteria di Skriniar di accompagnare Vlahovic verso il fondo, lasciandogli lo spazio per tirare - e sì che l’esperienza con Dybala avrebbe dovuto lasciare cattivi presagi, in quel frangente. Come al solito, tuttavia, ricondurre tutto ad un’unica azione può alterare la percezione di una partita: l’inter è stata in controllo per 90’, dove non ha mai sofferto oltremodo una Fiorentina compassata, senza grandi idee se non alcune iniziative personali, di grande qualità.
Ha avuto molte occasioni per segnare, l’Inter, e a questo punto non si può non parlare dell’errore sotto porta di Lukaku: che ancora una volta è bravissimo a crearsi un’occasione d’oro per segnare, ma come contro il Barcellona calcia addosso al portiere - condannando i suoi ad un’altra mezz’ora di sofferenza. Peccato, perché era importante scrollarsi di dosso immediatamente questa pericolosa sensazione d’impotenza. Invece le due punte dell’Inter si fanno risucchiare dal vortice della squadra, sempre più lunga: Lautaro lotta, prende troppe botte in relazione ai cartellini che gli arbitri elargiscono ai suoi marcatori, ma anche il Toro non riesce a timbrare il cartellino. Quindi si torna a soffrire, di nuovo sotto la Juventus: dicembre è arrivato, c’è bisogno dell’ultimo acuto prima del meritato riposo.
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