L'ospite ora puzza: S.Siro tabù non solo per gli 11 schierati in campo
L'ospitalità si basa su un fondamento: fare sentire l'ospite a casa sua. L'Inter vista recentemente a San Siro brilla soprattutto per la gentile accoglienza riservata alle squadre avversarie. Un'accoglienza divenuta ormai consuetudine e alla quale viene allegato regolarmente almeno un punto, bottino minimo per le squadre che vengono a far visita alla Scala del calcio. L'avversario ha inoltre modo di scegliere l'atteggiamento da assumere durante la gara: fare la partita avendo più occasioni per andare in vantaggio oppure aspettare l'Inter e infilarla al primo errore. Il tutto condito dal fascino storico dell'impianto.
PRATO SFIGATO - Dopo un po' di tempo però, l'ospite comincia a 'puzzare'. Iniziano a mancare le vittorie e il calore del pubblico, sempre più critico e distaccato rispetto a quello che succede in campo. Ma ormai la fama è quella. San Siro è diventato per le due principali squadre di Milano un fattore quasi penalizzante. Gli ospiti lo sanno, e calpestano il nuovo sfigatissimo prato con la convinzione di chi può portare a casa il 2.
IL DOVER DIMOSTRARE - La verità è che ormai si è creato un circolo vizioso. L'Inter (nello specifico) sente il peso della pressione: sono cambiati tanti uomini, sono andate via colonne portanti che hanno scritto la storia. C'è un ciclo da iniziare con un tecnico senza esperienza e con una rosa praticamente rivoluzionata. Il sesto posto dell'anno scorso ha pesato, pesa e peserà parecchio.
IL CASO JONATHAN - Dall'altra parte però c'è un pubblico impaziente e ansioso di risultati. Fischi e mugugni dopo qualche appoggio sbagliato, entità del calore esattamente uguale a quella del risultato scritto sul tabellone. A spingere una squadra pigra e timorosa dovrebbero essere proprio loro, i tifosi. Chiedete per esempio a Jonathan: messo alla gogna giovedì sera dopo un errore (per carità, pesante), e sicuramente non stimolato ad alzare il livello della sua prestazione.
POSSESSO PALLA... WHAT? - Bisogna creare, o almeno ri-creare, l'armonia tra squadra e tifo che tempo fa rendeva il Meazza una roccaforte. Mente più leggera da parte dei giocatori in campo, più elasticità e calore sugli spalti. Non è tanto una questione di modulo, di interpreti o di qualità. E' un limite tutto psicologico che tecnicamente non trova anche una spiegazione. Anche perché come ricordato spesso e volentieri da Stramaccioni, questa squadra lavora durante della settimana per fare del possesso palla la sua arma principale. Di possesso a San Siro fino ad ora se n'è visto poco, forse giusto un discreto primo tempo contro la Roma di Zeman.
MORALE DELLA FAVOLA, lasciamo l'ospitalità ai cugini. Sbancare il Meazza è un'emozione indescrivibile e sarebbe un peccato interrompere tutto così, all'improvviso. D'altronde ad accogliere gli avversari sono più bravi quelli vestiti di rossonero, e il 7 ottobre (giorno di Milan-Inter) anche la truppa di Stramaccioni avrà modo di fare turismo.