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La creazione, il disfacimento, lo sfogo di Conte: come cambia l'Inter dopo Dortmund, tra dubbi e certezze

di Andrea Pontone

Esternare un commento su serate del genere è realmente difficile. Non tanto per la terribile rimonta subita dall'Inter in una gara di fatto già vinta nel primo tempo dai meneghini, ma quanto - piuttosto - per il fatto che il calo fisico e mentale dei giocatori, l'incapacità di reagire in campo ed infine i tumulti post-gara (con la disputa Antonio Conte-dirigenza in evoluzione) necessitino, sì, di un'ampia riflessione, ma solo dopo essere venuti a piena conoscenza dei fatti e, soprattutto, in attesa di eventuali sviluppi. Ma, nonostante la si metta sul drammatico, in ottica passaggio del turno le faccende sono più accessibili del dovuto: la Beneamata è padrona del proprio destino; con sei punti, è fatta. Ergo, vincere a Praga e compiere l'impresa al Meazza contro il Barcellona consentirebbe ai nerazzurri di Milano di agguantare l'accesso agli ottavi di finale della massima competizione europea (traguardo che manca dell'annata 2011/12).

"Non sono Harry Potter, non posso fare miracoli": questa frase, nella sala stampa di Appiano Gentile, la pronunciò José Mourinho nell'agosto del 2009. A dimostrazione che nel calcio - così come nella vita - le chiacchiere lasciano il tempo che trovano. Niccolò Cusano parlava di "dotta ignoranza": senza conoscere l'oggetto in tutte le sue sfumature, è impossibile per il soggetto raggiungere la verità noumenica. Detto ciò, il dietro le quinte nel caso dell'Inter si presenta agli occhi dello spettatore in platea come un qualcosa d'infuocato: "Mi dicono di sorridere davanti alle telecamere, quindi sorridiamo" (Conte dixit). Se la punta dell'iceberg è questa, sott'acqua c'è dell'altro: le critiche per una programmazione estiva non ottimale, l'apostofre contro taluni membri della rosa, la richiesta di un intervento sul mercato a gennaio e un messaggio non esplicitato ma lasciato intendere, quale potrebbe essere il seguente ("Io faccio ciò che posso; quel che non faccio, non mi è reso possibile").

La macchina organizzativa del colosso Suning e la competenza dei dirigenti nerazzurri farà sì che gli scatti di rito risalenti allo scorso giugno, con i vertici della società entusiasti per l'ingaggio del nuovo tecnico, non siano ricordati negli anni come - sul piano politico - verrà rammentata la foto di Narni. L'unica ricetta per scacciare via gli spettri consiste, come sempre, nel proseguire il proprio lavoro, remando tutti nella stessa direzione e servendosi del massimo della professionalità. Questo è il punto di partenza: senz'altro dovranno essere apportate delle modifiche alla rosa, così come Antonio Conte dovrà continuare a tirar fuori il meglio da ciascun calciatore. Il buon sarto, comunque sia, ha bisogno della stoffa: senza la materia prima, nulla (o quasi) può fare.

Quanto al campo, vi sono diversi aspetti da approfondire. Innanzitutto si può benissimo constatare che il campionato italiano, per quanto in crescita negli ultimi mesi a livello di visibilità internazionale, sia tutt'altro che allenante. Altrimenti troppi fenomeni non si spiegano: all'interno della Penisola Romelu Lukaku è il deus ex machina di un reparto offensivo che funziona, mentre nel palcoscenico europeo il belga risulta completamente fuori dai giri (sempre con un tempo di gioco in ritardo in proiezione avanzata, fase di non possesso a mo' di guardia svizzera); gli esterni di centrocampo al Signal Iduna Park vengono tratti spesso in inganno dalle accelerazioni improvvise degli avversari, le quali hanno luogo soprattutto lungo la catena di destra (Sancho si accentra, Hakimi parte da dietro e riceve il passaggio filtrante). Il livello è altissimo, tant'è che alcuni punti fermi della squadra meneghina incappano in qualche errore grossolano. La Champions League è un'altra cosa, si direbbe. Ma l'Inter, con i propri mezzi, sta tentando di onorarla. Esempi concreti: se il gol di Lautaro Martinez ha fatto sognare i tifosi, l'azione che ha portato alla rete di Matias Vecino ha sbalordito gli occhi di mezza Europa. La squadra di Conte, insomma, in certi frangenti di gara dimostra di poter far crollare ogni impalcatura. E il destino, checché se ne dica, è ancora tutto nelle sue mani.


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