La partenza lenta di Icardi: cosa è cambiato nel suo gioco da WM a Mancini
Cosa sta succedendo a Mauro Icardi? È la domanda che una frangia del tifo nerazzurro e degli addetti ai lavori si stanno domandando, vista la carestia realizzativa che ha colpito il numero 9 argentino, culminata nella scialba partita di ieri sera contro la Juventus. Analizzando il modo di giocare di Icardi si evince che è in corso una vera e propria metamorfosi calcistica, con l’attaccante ventiduenne che è chiamato a migliorarsi in tutti quegli aspetti di gioco che non riguardino lo sbattere la palla in rete, arte di cui Icardi è già uno dei migliori esponenti in Europa. La sensazione, a guardare le partite del canterano del Barcellona, è che in questo momento non riesca ancora a conciliare le due fasi di gioco visto che Mancini gli chiede una grande dose di lavoro di sacrificio a livello difensivo e una dose di movimenti offensivi per lui atipici. Il risultato sono partite scialbe a livello qualitativo, soprattutto quando è lui a dover gestire il pallone. Non va però dimenticato che è grazie a movimenti come i suoi che - ad esempio - Guarin ha potuto siglare la rete decisiva nel derby, avendo Maurito liberato - portando via Zapata - la mattonella da cui il Guaro ha fatto partire il tiro decisivo. Work in progress, quindi, anche se c’è bisogno che Icardi torni al più presto il goleador dell’anno scorso.
PARTENZE LENTE - Anche l’anno scorso Maurito è partito a rilento, segnando nelle prime otto partite quattro gol (di cui tre al Sassuolo, nella roboante vittoria dei nerazzurri sugli emiliani per 7-0 e l’altro al Cesena su calcio di rigore) per poi scatenarsi di lì a poco, fino a raggiungere le ventidue reti che lo hanno incoronato capocannoniere della Serie A. Icardi ha sempre avuto partenze lente in Serie A (basti pensare che nella sua prima stagione all’Inter gli venne spesso preferito Ishaak Belfodil, ora finito a giocare negli Emirati Arabi) ma è chiaro che dopo la sorprendente stagione scorsa, ci si aspettava qualcosa di più dal nuovo capitano dell’Inter. Come mai questo rallentamento improvviso?
PASSO INDIETRO? - Sono i numeri a parlare. Se il bomber argentino sotto Mazzarri era praticamente il terminale unico del gioco nerazzurro, è altrettanto vero che risultava quasi avulso al gioco imposto da WM, toccando il pallone pochissime volte in azioni manovrate, ricevendo nello stretto o comunque a pochi passi dalla porta (tant’è che il raggio medio di un suo passaggio era di poco più di 10 metri) per rifinire in rete. Ora invece Icardi tocca una discreta dose di palloni in più, il che comporta un movimento cospicuo da parte sua, staccandosi dalle zone di campo a lui congeniali (gli ultimi quindici metri di campo) per avventurarsi in luoghi oscuri, dovendo imparare anche a giocare spalle alla porta, quando il suo killer-instict l’ha sempre portato a fare movimenti solo guardando lo specchio, come tagli in diagonale o cambi di direzione a disorientare il marcatore. E’ da quando si è insediato Roberto Mancini che all’ex doriamo viene chiesto uno stile di gioco più altruista ed europeo, con movimenti verticali per aprire varchi nelle difese avversarie e più scarichi per i centrocampisti che hanno così l’opzione ulteriore per il passaggio, non rischiando di ingolfare la manovra. L’anno scorso Icardi, avendo un raggio di gioco limitato, era anche più pericoloso: nelle prime otto partite della scorsa stagione ha creato 8 azioni da gol (7 passaggi chiave ed un assist), contro le sole 3 di quest’anno (due passaggi chiave e un assist). Inoltre a diminuire è stata anche la precisione dei suoi passaggi: se l’anno scorso ne portava a termine l’ottanta per cento, quest’anno siamo sotto la soglia del settantacinque percento di fraseggi completati. Un passo indietro risibile, ma che fa parte del quadro che ha come protagonista la metamorfosi dell’attaccante argentino.
LAVORO SPORCO - Dal punto di vista difensivo, il lavoro di Icardi è centuplicato. Prendendo come campione le stesse otto partite dello scorso inizio di stagione, Maurito ha portato a termine - dati Squawka alla mano - un solo intercetto, contro i ben otto di questo inizio di campionato. Dati, appunto. Se guardiamo il campo - riferendoci semplicemente alla partita contro la Juventus - si ha la prova dello sforzo (calcisticamente parlando, s’intende) a cui è costretto Icardi: nel momento migliore dell’Inter, Icardi era il primo ad iniziare il pressing allargandosi su Chiellini, per chiudere lo spazio al passaggio di Bonucci, aggredito da Medel. Dall’altro lato, era Jovetic a braccare Barzagli, venuto fuori alla distanza. Pressing, quindi. Snodo fondamentale delle teorie tattiche manciniane che stanno rivoluzionando il modo di giocare di Icardi. Che tira di meno dell’anno scorso: quest’anno nei primi due mesi di Serie A ha effettuato solo otto tiri verso la porta (di cui quattro hanno centrato lo specchio, il 50%), quando l’anno scorso aveva tirato 25 volte, di cui 8 verso la porta. Questo dato è figlio del problema che gli ha fatto saltare l’ha condizionato nel match contro l’Atalanta e che gli ha fatto saltare il Carpi, ma tant’è: Icardi ha eseguito meno conclusioni, ma è diventato più preciso. Ha meno smalto per provare il tiro in porta da fuori, ma quando si avvicina allo specchio è letale, basti pensare allo slalom nello stretto che ha portato alla rete contro il Chievo. Inoltre, Icardi - che pur deve migliorare in questo fondamentale - ha cominciato ad usare meglio il corpo, subendo più falli. Appena 4 quelli subiti nella scorsa stagione, già 9 quest’anno.