La scintilla non scatta, sotto il cielo di Genova prosegue lo stallo: equilibrio nella lotta
Partenza aggressiva e infuocata. L'ambiente del Ferraris è caliente sulla sintonia di quelli sudamericani. Rossoblu e nerazzurri lottano sin dal fischio d'avvio perché partire forte è nel DNA di due assetti improntati sulla verticalità. Gilardino opta per la sostanza, la banda di Simone Inzaghi conosce a menadito la rilevanza dell'incontro: lo si capisce dall'avvio, quando la pressione collettiva è così alta da tappare istantaneamente le vie di sfogo dei nerazzurri. Oscurata la linea di passaggio verso Calhanoglu e riaggressione pronta e immediata sui portatori di palla. L'aveva preparata così anche Sarri, Gilardino si è ripetuto. Aggredire lo sviluppo sfruttando le corsie esterne e l'imprevedibilità centrale. Darmian riposiziona l'attenzione su Gudmundsson che si decentra e s'accentra, senza quasi mai trovare una posizione fissa.
BATTAGLIA COSTANTE. I fumogeni non permettono alle pedine di proseguire, così il gioco viene stoppato per nove minuti. Comincia un'altra partita con il Genoa che spreca il vantaggio con un due contro uno che aveva trovato l'Inter mal posizionata. I liguri lottano e la partita è assolutamente maschia. L'impostazione ligure era chiara sin da subito: Strootman al cross velenoso deviato da Acerbi, coi nerazzurri baciati dalla fortuna, visto che la sfera se ne va sul fondo di pochissimo. Sofferenza da cui l'Inter riesce a liberarsi quando Calhanoglu tenta la stoccata da fuori, trovando Martinez pronto all'intervento. Arnautovic lotta come un leone e i nerazzurri vincono una battaglia campale, quella che conduce al vantaggio: la spinta di Bisseck è lampante, ma Doveri fa proseguire: così Barella conclude a colpo sicuro. L'area genovese diventa un flipper, Martinez s'appella al miracolo e al palo, ma Arnautovic è lì, fautore del cogli l'attimo più facile della sua carriera. A porta sguarnita fa esplodere il settore ospite e le polemiche dei liguri. Che non demordono e reagiscono a testa bassa, trovando la via del pari con una delle specialità predilette: la consistenza in area avversaria. Dragusin, con la complicità di Sommer, rimette tutto in parità. Lotta su lotta, quello è l'ingrediente primario, il tratto identitario.
PALLE INATTIVE E CONFUSIONE. Il Genoa inizia la ripresa come aveva finito il primo tempo: duelli aerei e proiezione avanzata costante e continua. Accensione e spegnimento, più che altro al Ferraris risulta perenne la modalità equilibrio. Provarci e riprovarci ancora a imbucare per le incursioni centrali. Per vie centrali o laterali, per sparigliare le rispettive carte strategiche serve aggressività e precisione tecnica. Gilardino e Inzaghi soffrono dalla panchina, sapendo che per spezzare quel filo orizzontale occorre andare oltre la propria natura. Occorre aprire il manuale della metafisica, contemplare idee innovative e ricercare puntualmente l'espressione superiore. I rossoblu si mostrano guardinghi, i nerazzurri più intraprendenti. Anche se cambiare un po' l'approccio metodologico è fondamento necessario e anche contingente, ma nel cielo di Genova prosegue lo stallo. Impulsi forti e precisi, la scintilla può scattare da un istante all'altro. Per trasformare l'istante in quell'istinto indomabile che si realizza nel luminoso crepuscolo. Il peso dei tre punti è consistente in entrambe le direzioni. La lotta è asfissiante, quasi incessante. Il pareggio è una naturale conseguenza.