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Le imponderabili ripartenze nelle sette camicie di San Siro. Riecco Big Rom, con vista Porto

di Niccolò Anfosso

La pressione di sentire ancora il fiato sul collo dopo il pareggio di Genova. Qualche tentativo virtuoso elevato alla massima potenza risiede nell'equilibrio di recuperare ogni tassello nerazzurro in questa calda serata di febbraio inoltrato. L'Inter lo sa che l'Udinese ha sempre lo stesso tratto identitario, incentrato sulla fisicità: tocca a Romelu Lukaku dal dischetto alla seconda da titolare di fila scaricarsi un masso enorme. Al primo tentativo chiude il sinistro intercettato da Silvestri; la ripetizione dagli undici metri è quella buona: la capitalizzazione fa esplodere San Siro. Talora vale la pena correrlo un pericolo: Big Rom con freddezza e cinismo sceglie lo stesso angolo depositando la carica elettrica del vantaggio. Le gambe nerazzurre ruotano alcune volte senza troppa brillantezza, ma senza mai farsi condizionare dalle contingenze opposte.

MALEDETTE RIPARTENZE.  La squadra di Sottil mostra una proposizione allentata e si nota ad occhio nudo che non è l'assetto dell'andata e quell'attesa del predicato offensivo spesso e volentieri stenta con costanza assidua. E quando vuole sviluppare la proiezione avanzata si affida alle enormi qualità tecniche di Thauvin, che sin dal primo controllo a seguire ha mostrato il proprio bagaglio. Big Rom torna a timbrare il tabellino in Serie A 189 giorni dopo l'ultima volta, che risaliva allo scorso 13 agosto nella sfida del Via del Mare di Lecce che ha aperto la stagione corrente. Ed è un segno positivo nei meandri del destino, considerando che Big Rom segnò il suo primo gol casalingo con la maglia nerazzurra il 23 maggio 2021 proprio contro l'Udinese. Quando ripartono i friulani sanno colpire e lo dimostrano con Beto che apre lo spazio a Lovric, lesto a beffare il connazionale Handanovic inchiodando la sfida sul pari. La manovra è stata condotta al meglio da Pereyra, ma pesa come un macigno l'assenza posizionale di Dumfries nella mattonella del gol.

LA CORNICE DA DEFINIRE. La cornice di un orizzonte è lì dietro l'angolo, pronto a scoprirsi, a svelarsi. Ma nulla è scritto e quando Handanovic non esce sul primo sviluppo friulano del secondo tempo, con Bastoni costretto a mettere in angolo, San Siro mostra i primi segni di disapprovazione per la gentile concessione agli avversari. Il senso della contesa viene prolungato sui binari ospiti. Disparità concentrata su un equilibrio che stenta a rompersi, soprattutto grazie ai continui strappi delle rispettive manovre. E la banda di Inzaghi rischia in almeno un paio di circostanze quando gli spazi si aprono e Lovric non imbuca a dovere.

L'IMPONDERABILE ACCADE. L'incredibile ciabattata di Success davanti ad Handanovic conduce al 2-1 nerazzurro: lucidità di Calhanoglu, gestione perfetta di Dimarco per il piattone di Mkhitaryan, al secondo centro (pesantissimo!) in campionato. Spazi incredibili alle spalle della difesa ospite per Lautaro che dà troppa forza al cucchiaio e si divora una chance incredibile. Ma sullo sviluppo successivo il Toro cala il tris con un timbro dei suoi: spostamento posizionale del difensore ed esterno destro connesso. Vittoria, soffrendo le sette camicie. Ma sicuramente un buon viatico per gli ottavi di Champions contro il Porto. 


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