L’Inter giù per ko tecnico. Lukaku e Lautaro assenti ingiustificati, per la Juventus è una vittoria di Pirro
All’Allianz Stadium il silenzio rimbomba assordante, mentre la Juventus annienta l’Inter nel più peculiare Derby d’Italia degli ultimi cinquant’anni. Sono bastate due fiammate, in due azioni confuse, per spegnere la fiammella interista, annegata nell’oceano di avversità che hanno preceduto questa partita. Conte non riesce a trovare la chiave di volta su cui costruire la gara, la squadra non si scuote dal torpore dopo la prima rete di Ramsey. E l’Inter si abbandona a uno scenario nefasto, a meno nove dalla vetta (con una gara da recuperare) con la concreta possibilità che questa con la Juve sia considerata negli annali come poco più di un’amichevole: martedì c’è un consiglio federale in cui si potrebbe decidere di fermare a tempo indeterminato il campionato. Perché a volte il calcio non è la cosa più importante.
RIMPALLI – L’Inter di Antonio Conte gioca una gara strana, asettica: incomincia in sordina, timida e contratta. La Juventus fa densità attorno a Brozovic e i nerazzurri fanno fatica a risalire il campo, mentre la Juventus sfrutta fraseggi veloci per spezzare il pressing interista. A metà primo tempo, i ruoli s’invertono e grazie allo sfruttamento dell’ampiezza del campo l’Inter si vede in area di rigore della Juve: Candreva e Young sono bravi ad assistere l’azione e spingono costantemente, mentre i centrocampisti prendono fiducia e s’inseriscono con maggior frequenza. Barella e Brozovic provano dalla distanza, Lukaku e Candreva s’insinuano nell’aria di rigore ma non c’è modo di impensierire Szczesny più di quanto De Ligt e Ronaldo non abbiano fatto con Handanovic. Il primo tempo è lo specchio di una gara anomala, in cui le squadre spingono ma ad entrambe sembra mancare qualcosa che va al di là del pubblico sugli spalti.
ASSENTI – Nella ripresa, l’Inter comincia a macinar gioco fin dai primi minuti e prova a piazzare un timido assedio nell’area juventina. Il peccato mortale della squadra di Conte è la totale mancanza degli attaccanti: Lautaro Martinez e Romelu Lukaku sono assenti ingiustificati nella gara più importante, presi in mezzo dai centrali di difesa bianconeri che fanno scomparire dal campo il duo dei sogni interisti. Lukaku finirà la sua partita al 75’, quando Conte gli preferisce Sanchez. Segnali scoraggianti da tutta la squadra arrivano dopo il black-out con cui Ramsey porta in vantaggio i padroni di casa: azione confusa in area di rigore, Skriniar e Bastoni non riescono a spazzare e il giocatore gallese è il più veloce a ribadire in rete, complice una deviazione letale di De Vrij.
KO TECNICO - Da lì, per l’Inter inizia una lunga notte: Sarri fa palleggiare i suoi che addormentano la partita e a niente servono i cambi di Conte: la Juventus addomestica i minuti che restano e l’Inter s’imbambola sul più bello, come all’andata. E come a San Siro, la Juve colpisce quando fa più male. Ne sa qualcosa Dybala che dopo aver rotto il ghiaccio nella gara del Meazza, raddoppia la bellezza del gesto tecnico ubriacando Young e segnando con un colpo di biliardo il gol del KO tecnico. In due incontri, quattro gol subiti e pochi sprazzi di intensità, nonostante Conte avesse tutte le armi per provare a fare più male alla squadra juventina. L’Inter non segna allo Stadium da 566 minuti, un’eternità. Ci sarebbe stato bisogno di una scossa emotiva, ma nemmeno il cambio di modulo (con l’ingresso di Gagliardini) riporta in gioco l’Inter. La Juve si gestisce e torna in testa al campionato, a corto muso sulla Lazio.
ASSURDITA’ - Dopo settimane di polemiche, rinvii e indecisioni, alla fine si è giocato. Un weekend di calcio assurdo, un Derby d’Italia unico nel suo genere. La Serie A esce con le ossa rotte perché quella della Juventus (così come quelle di Spal, Genoa e Sampdoria) è la più classica delle vittorie di Pirro: quando la credibilità del sistema è minata, quanto può valere tentare di ripristinare una forzata normalità? Si poteva arrivare in un milione di modi al calcio d’inizio di questa sfida Scudetto. Si è scelto quello più contorto, snervante e umiliante, per i milioni di tifosi in tutto il mondo che si sono dovuti sorbire un tetro teatrino, un circo mediatico che non sembra avere fine. Servono decisioni forti e dirigenti che sappiano come traghettare il calcio in uno dei momenti più critici del dopoguerra italiano. Cosa dobbiamo aspettarci, ora?