L’Inter non inciampa nel gioco degli specchi: Lukaku contro i buu, Sensi à la Houdini. Cosa c’è da migliorare?
Una vittoria da bucanieri, in un campo difficile, con la squadra ancora imballata. Antonio Conte suona la carica e dopo la brillantezza vista contro il Lecce, a Cagliari chiede ai suoi una partita di sacrificio, per difendere i tre punti con le unghie e con i denti. L’Inter soffre l’astuzia di Maran che si schiera a specchio e blocca molte delle soluzioni che avevano affettato la difesa del Lecce: l’uscita palla è farraginosa e Candreva, una delle principali fonti di gioco nell’esordio, non replica la qualità nei cambi di gioco e si fa mettere sotto da un Pellegrini in grande spolvero. L’Inter arranca, si affida alle chiusure di Ranocchia e Skriniar, alle sponde di Lukaku, alla garra di Lautaro e alla classe di Sensi, la cui ruleta si candida già a copertina della stagione. Contro il becerume dei soliti, tremendi ululati razzisti Lukaku segna e issa l’Inter a sei punti. Ora la sosta, poi il primo tour de force. Cosa riserverà l’ultimo giorno di mercato alla squadra di Conte?
INTERCAMBIABILI - Lautaro Martinez e Lukaku hanno confermato nella gara di Cagliari quel che già si era intravisto lunedì a San Siro. La squadra li cerca, loro tentano di rispondere sempre presente: nel primo tempo è il numero 10 a farsi trovare, si muove fra le linee ed è una sua inzuccata che consegna il vantaggio all’Inter. Lukaku aspetta, fraseggia nel corto, guida vocalmente i suoi e vuole issarsi a totem dell’attacco nerazzurro: entrambi hanno ampi margini di miglioramento, ma le prove di convivenza fra i due - in attesa di vedere Alexis Sanchez - stanno dando segnali positivi. Il rigore che calcia Lukaku è sicuro, potente, una breccia aperta nel muro di ululati razzisti che si sono sollevati dalla curva di fronte a lui. L’occhiataccia di Big Rom al pubblico e l’indice di Skriniar a zittire i soliti, tristi fenomeni sono il segnale più forte. Cambierà qualcosa?
HOUDINI - La storia dell’intrattenimento è popolata da maghi più o meno famosi, ma sicuramente il grande Houdini è stato il più importante. Il fu Weisz una volta disse: “Ho un baule con delle iniziali sopra, dove conservo segreti”. Noi non sappiamo se Stefano Sensi nutre una passione per il mondo magico o se anche lui ha una borsa dove contiene qualche tipo di stregoneria ma l’impatto che ha avuto il ragazzo con la 12 è strabiliante, tanto da sembrare un tocco di magia. Ovviamente alla base c’è un lavoro costante e una conoscenza calcistica da illuminato, come certificato da Antonio Conte nel post partita: “Stefano ha capito subito il nostro modello di gioco, Barella ancora no”. Sensi delizia giocando negli spazi, occupando le caselle indicate da Conte e spingendosi sempre in avanti, che sia da falso trequartista in fase di pressing o da incursore quando c’è da aggredire l’area. L’Inter lucra tre punti in una situazione quasi disperata grazie a lui, al suo sangue freddo. E ora Sensi va in nazionale.
MIGLIORAMENTI - Conte non può essere soddisfatto di un’Inter imbrigliata, piuttosto lenta in fase di conduzione di palla. Il fatto che de Vrij sia stato assente in un certo senso legittima i disagi nell’uscita bassa, ma il gioco di Maran ha svelato quella che potrebbe essere la difficoltà più grande dell’Inter 19/20: la mancanza qualitativa di certi interpreti. Gli schemi vengono eseguiti, il pressing provato, ma alla fine sembra sempre mancare un penny per il dollaro: le pecche nel decision making e il fatto che se gli esterni non girano la manovra si blocca saranno una fonte di riflessione importante per queste due settimane di Conte. Il cui cruccio sarà anche portare il gruppo allo step successivo della condizione fisica, visto che dal weekend del 14 settembre non si scherza più. Inizierà la Champions League e poi ci saranno una serie di gare importantissime e per la classifica e per la tenuta mentale di una squadra che ogni tanto esce ancora dal rettangolo di gioco prima che l’arbitro fischi tre volte. Conte è qui per questo, per trasformare dei buoni giocatori in una squadra da titolo. Due vinte, trentasei da giocare. La rincorsa continua.