.

Lotta e tecnica pregiata nella casa della Dea, ingabbiata dal cinismo nerazzurro

di Niccolò Anfosso

Si torna sempre lì, con un 'Pronti, partenza, via'. In quella cornice, che a Bergamo è sempre la stessa. Ebbene sì, uomo contro uomo, francobolli gasperiniani proiettati a colpire senza indugio le pedine inzaghiane. Il canovaccio non muta di un centimetro, soprattutto quando l'istantanea intravede quel coraggio energico nella costruzione di pericoli. La panoramica è la costruzione di Atalanta e Inter che nei primi minuti si studiano, si pizzicano, si stuzzicano, scaturendo qualche presupposto tra le linee. Lookman si stacca tentando il colpo della fantasia, il centrocampo interista è in moto perpetuo. Molto movimento di pedine rampanti, il livello attenzionale non valica orizzonti inesplorati. L'Atalanta tiene, ovviamente, alto il baricentro, il palcoscenico è sempre lì, in quell'equilibrio da trovare come imperativo categorico e decisionale. Ruggeri scaraventa una possibilità insidiosa, la Dea ci prova con la struttura fisica.

RITMO, RITMO E... GREGARI. Al Gewiss il pubblico di fede atalantina spinge forte la formazione di Gasperini, ma la fiducia dell'Inter non si scalfisce, anche se a metà della prima frazione la Dea colleziona un gioco che 'rulla', pressa, assidua. Si predilige ricercare la verticalità, come nello scarico di Koopmeiners per l'inserimento di Scalvini, che per poco non trova il pertugio finale della realizzazione conclusiva. Le tortuose pieghe della marcia gestionale diventano superiorità calcolatrice, seppur i francobolli gasperiniani aggrediscono con grande temperamento il centrocampo interista. Ad intensità si risponde con il medesimo ingrediente: un'elevazione identitaria fortemente definita. Il binario della gestione, questo sconosciuto. Pavard è costretto al cambio per una brutta torsione al ginocchio, i ritmi sono sempre alti, certificazione di agonismo, aggressività e duelli in ogni zona del campo. Il manifesto del gioco moderno, sapendo unire tecnica in velocità e organizzazione nell'immediato recupero del possesso.

LA TECNICA PREGIATA E L'INNESCO DELL'ALTALENA. Lo spirito agonistico è in continuo (e perenne) movimento. Le carte si mischiano quando Calhanoglu inventa un pallone pantagruelico per Darmian, lesto ad anticipare Musso per il tiro dal dischetto che il mago turco esegue in modo mastodontico. Freddo, glaciale, perfetto nella concretizzazione. La chiave del vantaggio è un accomodamento alla rincorsa, ogni palla diventa pericolosa quando la verticalizzazione diviene realtà. Pressione alta, elevatissima, quando l'universo all'orizzonte è limpido. La tecnica, lo scriviamo da sempre, prevale su tutto. Da un fronte all'altro: Lautaro inventa una traiettoria stupenda, ma la Dea è sempre pronta ad approfittare di ogni piccola incertezza, riaprendo la contesa con il timbro di Scamacca dopo la palla persa da Dimarco. L'altalena emotiva è anche emozionale, registrando un picco di occasioni su entrambi i fronti. Lookman è l'innesco, Scamacca è il catalizzatore, i minuti finali sono quelli della sofferenza.


Marotta su Lukaku: "Capitolo chiuso"
Altre notizie