Marotta: "L'Inter è il massimo, se potrò restare ancora sarà un piacere. Su Bastoni, Dybala, Skriniar e Leao..."
L’Inter raccontata da Beppe Marotta. L’ad sport nerazzurro, fresco di nomina di Cavaliere della Repubblica Italiana, è il protagonista dello spazio ‘Vi racconto l’Inter’ nell’ambito della 'Milano Football Week' in corso di svolgimento al cinema Anteo di Milano. Questo il racconto del dirigente nerazzurro intervistato dai giornalisti della Gazzetta dello Sport Davide Stoppini e Filippo Conticello:
Sul titolo di Cavaliere.
"Immensa soddisfazione, però questi titoli in genere vanno a chi è più avanti con l'età. Io ho 47 anni di carriera, penso stia per arrivare il momento per riposare".
Come si sta dopo il 2-0 nel derby?
"Mediamente bene, perché siamo a metà. Siamo avvantaggiati ma dobbiamo leggere bene il momento ed essere umili, motivati, convinti di farcela e raggiungere qualcosa di importante. Ma non bisogna cullarsi su questo risultato, l'esperienza mi insegna che le casistiche ci sono".
Condividi il pensiero di Ancelotti sulla pressione generata da questa sfida?
"Lui è l'allenatore italiano più vincente in assoluto, per me è l'allenatore. Ma quando ti accingi a vivere un atto così di una competizione importante in questo momento della stagione il cuore batte più forte. Stasera c'è una partita che non sottovaluteremo ma la mente corre a martedì".
C'è il rimpianto per non aver segnato il terzo gol?
"La cosa più importante è la prestazione, che ha convinto tutto. Questi sono i presupposti migliori per affrontare un ottimo avversario nel ritorno. Poi il 2-0 è diverso dal 3-0, però poi è arrivato anche il palo di Tonali. Io il 2-0 non lo avrei mai immaginato".
Gli viene mostrata una foto della Moschea Blu di Istanbul.
"Oggi è una foto, poi può alimentare il sogno".
Quali sarebbero i meriti di Inzaghi in caso di finale?
"Tantissimi, come nel caso negativo l'allenatore viene messo nel mirino delle critiche. Poi bisogna parlare anche degli attori fuori dalla luce dei riflettori, come i magazzinieri. All'Inter c'è una grande cultura che è quella di dare sempre il massimo. La massima espressione è Inzaghi che ha saputo superare momenti di forte pressione e critiche forse esagerate, ma chi vive nello sport deve convivere con questa realtà".
Come mai un rendimento così difficile in campionato?
"Questa è una stagione atipica, con un Mondiale a metà. Stiamo studiando dal punto di vista delle performance, perché posso testimoniare che i diretti interessati dalla kermesse prima della fine della prima parte della stagione e al rientro hanno dimostrato di essere condizionati. Fermo restando che il Napoli ha meritato lo Scudetto, dobbiamo riflettere sull'importanza del rapporto mente-corpo. Questi sono aspetti che vanno considerati nel mondo dello sport di oggi; la mente rappresenta un aspetto fondamentale per ottenere risultati".
A fine stagione peserà il rendimento molto positivo in Champions oppure il campionato comunque deludente?
"Ad oggi il consuntivo non può che essere positivo: essere in tre competizioni di cui due dove siamo protagonisti ti offre una valutazione di sette, se in campionato fossimo stati più avanti sarebbe stata 9-10. La valutazione sull'allenatore deve diventare la valutazione su noi stessi: quando abbiamo perso punti con squadre inferiori, con tutto il rispetto, qualcosa non ha funzionato e non è giusto addebitare tutto al mister. Le responsabilità vanno condivise con management e società. Inzaghi sta facendo bene, ha recuperato da quel momento di negatività. In quel momento era giusto mettessi pressione perché siamo l'Inter e dobbiamo esserlo sempre".
Il ricordo di Real-Juventus.
"Perdemmo 3-0 in casa, poi recuperammo tre gol al Bernabeu prima di essere eliminati da un rigore molto dubbio. Ma c'è anche l'episodio di Inter-Juve della Coppa Italia 2016, quando l'Inter rimontò tre gol alla Juve e ci qualificammo ai rigori. Questi sono degli esempi di come valutare la situazione".
Inzaghi quindi sa cosa deve valutare.
"Sì, poi accanto a lui ci sono persone come Zanetti e Ausilio con cui confrontarsi. E che riescono a trasmettergli le preoccupazioni che poi trasformerà in stimoli importanti".
La finale con l'Inter come rivincita dopo quelle perse con la Juve?
"Io mi sento molto appagato dai risultati ottenuti in carriera. Vincere la Champions sarebbe un sogno".
Se devi identificare il punto di svolta, qual è?
"Forse quando abbiamo superato il Porto in Champions. E' stato lì che abbiamo trovato la motivazione per cambiare rotta. Credo che la rosa sia fatta da professionisti bravi e quindi è stato tutto più facile e meritato. Abbiamo vinto contro squadre forti meritatamente, stasera arriva un appuntamento delicato ma dobbiamo far sì che si trovino quelle motivazioni perché l'avversario è insidiosissimo".
Il ritorno di Leao va temuto?
"Giusto riconoscere il merito a tecnico e giocatori. Poi quando mancano giocatori importanti all'avversario si rischia di essere avvantaggiati, ma la forza di una squadra è nel suo insieme. Stimo Leao, ma anche gli altri sono bravi".
Leao vicino all'Inter?
"Sì, posso dirlo. Ma poi facemmo scelte differenti".
Skriniar si è pentito della scelta?
"Vorrei parlarne a stagione finita. Sicuramente poteva risolversi in modo migliore, ma voglio parlarne dopo per tutelare la società. Se potrà recuperare per la finale poi deciderà il tecnico. Il valore non si discute ma non si allena da due mesi, quindi è in difficoltà sul piano agonistico. Deciderà comunque il mister".
Ma vi rimproverate qualcosa come società?
"Ripeto, ne voglio parlare a fine stagione. C'è comunque tanta amarezza".
Sente qualche responsabilità per i sogni dei tifosi?
"Nel vivere l'Inter ci sono anche certe emozioni. Lo sport è bello in generale, sono fortunato. Poi mi carico di responsabilità quando i tifosi ti danno fiducia e la trasmettono ai giocatori e ai dirigenti. Il senso di responsabilità è forte e ci dà motivazioni. Poi il calcio è imprevedibile".
Quali sono i derby a cui sei più legato?
"Il mio primo derby fu nel 1970-1971, nel giorno del compleanno di mio fratello, era inizio marzo ed era Milan-Inter. L'Inter vinse lo Scudetto pur avendo un ritardo di sei punti in quel momento con Invernizzi che subentrò a Heriberto Herrera. L'Inter vinse 2-0 con i gol di Mazzola e Corso, con la sua punizione a foglia morta. Fu emozionante, poi coincise con la cavalcata Scudetto dei nerazzurri".
Nel 2003 si immaginava di fare questa carriera?
"No, però le ambizioni dell'essere professionisti c'è sempre la visione e l'ambizione di poter crescere. E' scontato che quando ero alla Sampdoria desideravo di arrivare in un grande club, ne ho vissuti due ed è stata un'immensa fortuna. La Samp è stato un periodo d'oro col quale ho fatto il salto, quel derby del 2003 di Champions l'ho vissuto da spettatore".
Qual è il derby che ti ha colpito di più in Italia tra quelli vissuti?
"Sono tutti diversi e sono uno spot per la città. Quello di Genova è più romantico, lì ci sono tanti motorini e quindi puoi trovare due fidanzati che tifano uno Genoa e l'altra Sampdoria. A Milano c'è questa maestosità di San Siro e le emozioni coreografiche sono indimenticabili; vedere 80-85 mila spettatori con i colori addosso ti emoziona, in Champions ancora di più".
Si può fare una grande squadra con poche risorse come avete dimostrato?
"Io sono l'apice dell'area sportiva e all'Inter abbiamo creato una squadra nella squadra. I meriti vanno ad Ausilio, Baccin, Zanetti che hanno costruito questa squadra. Quando si fa questo lavoro c'è sempre un'attività di scouting dietro. Spesso il calcio è visto come un fenomeno improvvisato, invece le competenze servono per fare meglio rispetto ad altre società. Questo modello è frutto del lavoro di persone competenti, che hanno agito con una proprietà forte che ci hanno sostenuto. Bisogna considerare anche gli ingaggi e il costo del lavoro, ma abbiamo ottenuto vittorie come Scudetto e Coppa Italia, ora finiamo questa stagione ma siamo comunque contenti".
L'Inter aveva cinque italiani titolari nel derby, quanto è importante lo zoccolo duro italiano?
"Fondamentale. Così come Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco, club che vincono perché hanno uno zoccolo duro di giocatori che rappresentano la nazione. Gli italiani capiscono cosa vuol dire andare a giocare con l'Inter, è fondamentale".
Lautaro all'Inter si è integrato benissimo, sarà lui il capitano futuro?
"Sta crescendo, ha 25 anni oggi. A questa età essere capitano è qualcosa di forte. Lui è un bravissimo giocatore ma anche un uomo che ha valori, le premesse ci sono".
Quante chance ha Lukaku di rimanere all'Inter da 1 a 10?
"Credo che anche per lui valga il discorso sulla stagione anomala. Lui ha avuto un mezzo infortunio diventato intero, lì si è interrotta la preparazione. Non dimentichiamo però che il giocatore purtroppo è del Chelsea e non sappiamo le loro intenzioni. Se il nuovo allenatore vuole tenerlo, ogni discorso è chiuso. Lui si è integrato molto bene con noi e la città, trascina molto e ha qualtià, quindi averlo con noi è una cosa positiva".
Quale giocatore vi rende orgogliosi?
"Sono tutti, da quelli arrivati a parametro zero a Darmian, ragazzo splendido. Non posso citarne uno di più o di meno, sarebbero tutti da tenere anni ma bisogna fare le valutazioni anche in base all'età e quindi vanno prese decisioni antipatiche. La sorpresa è Onana, volevamo vedere le sue risposte e sono state positive".
Cosa avrebbe dato Dybala a questa Inter?
"Con lui c'è un rapporto d'affetto. Lo prendemmo dal Palermo che era un ragazzino, è un ragazzo d'oro e ogni dirigente che lo ha avuto lo vorrebbe con sé. Ma le logiche tecnico-tattiche non vanno di pari passo col sentimento: non c'era modo di inserirlo perché abbiamo quattro attaccanti, ha fatto bene ad andare alla Roma".
Ma le strade potranno incontrarsi di nuovo?
"Non lo so, gli auguro ogni fortuna alla Roma".
Dzeko e Bastoni rinnovano?
"Per Bastoni c'è grandissimo ottimismo, siamo certi della risposta positiva sua e del suo agente che è una persona intelligente: l'accordo arriverà. Per Dzeko la soluzione va trovata insieme, la stagione può dare scenari diversi a seconda del posizionamento di questa stagione. Vanno valutate anche le questioni economiche partendo dai valori dei contratti. Aspettiamo".
Ha mai preso un bidone?
"Bidone è un termine forte, si possono prendere in qualunque società. Non faccio nomi se no mi denunciano, ma ricordo che dal Catania presi un giocatore (Jorge Martinez, ndr) che si rivelò deludente".
E che soddisfazione c'è a rifilare bidoni?
"No, no, non voglio dire... Direi che le fregature ritornano, meglio comportarsi sempre bene".
Che rapporto c'è con Steven Zhang? E che persona è il presidente?
"Ha una capacità di leggere i fatti davvero rapida, lo chiamiamo 'the fox', la volpe. Ascolta molto e l'ascolto per me è qualcosa di importante; parla poco e dice sempre cose sensate. Ha 32 anni, è stato catapultato in un mondo per lui sconosciuto; non era espertissimo di calcio ma ci ha portato la certezza del comando, forte della presenza del papà che è una persona di personalità. Si appassiona sempre di più al calcio, per lui la sconfitta è qualcosa che lascia il segno ma è una persona positiva che aiuta molto a fare discorsi di analisi. Entra molto nelle questioni".
Hai aneddoti da raccontare sulla sua esperienza decisionale?
"L'ultima parola è sempre la sua, ma sta a noi convincerlo delle bontà delle sue scelte. Non mi vengono in mente cose particolari ma il concetto di delega ce l'ha".
Se avesse un assegno in bianco per un giocatore, chi prenderebbe?
"I nomi sono tanti, ma l'importanza del gol è sempre cruciale. Ho sfiorato Haaland alla Juventus, ha grandi potenzialità e fa reparto da solo. E' un giocatore pesante".
Chi è il più simpatico all'Inter?
"Onana è sicuramente il più stravagante, poi tanti sono scherzosi".
E chi il più serio?
"Non abbiamo teste matte, abbiamo un soldatino che è Matteo Darmian; persona di altissimo livello e grande professionista".
Cosa vi ha insegnato la Supercoppa?
"Ha rafforzato la cultura della vittoria. Vincere una finale è vincere una partita secca, quando arrivai all'Inter non c'era la cultura della vittoria e l'abbiamo alimentata partendo da giocatori che avevano vinto poco. Ora anche noi iniziamo ad avere titoli e possiamo dimostrare di avere palmares. Dobbiamo essere bravi a rivincere lo Scudetto, così come la Coppa Italia; il resto è un sogno".
C'è una cosa che non rifarebbe di questi mesi?
"No, non rinnego niente. Ho fatto la voce grossa ad un certo momento ma dobbiamo essere bravi a ricevere critiche che devono essere costruttive. Poi voi giornalisti a volte ci date addosso, ma non possiamo condannarvi perché scrivete qualcosa".
L'Inter del prossimo anno sarà più giovane, come si concilia con l'obiettivo di lottare per lo Scudetto?
"Lo scenario coinvolge il calcio di oggi. Abbiamo perso posizioni nel ranking, oggi il calcio italiano non è l'eldorado dove i campioni venivano per restare. Oggi il calcio italiano è un torneo di transizione, non siamo più competitivi economicamente come un tempo. Andando alla ricerca di un obiettivo che si chiama sostenibilità, se non avessimo avuto la proprietà straniera non sapremmo dove saremmo. Bisogna inventarsi modelli di sostenibilità e in questi c'è un obiettivo, quello di ridurre i costi. Ma per fare questo dobbiamo aprire anche ad una cultura diversa: in Italia non esiste ancora una cultura della sconfitta, invece è molto importante la sopravvivenza delle società che devono andare avanti nonostante tutto. La Sampdoria, che è stata parte della mia vita rischia di sparire, noi dobbiamo dare continuità alla storia del club e lo si fa alzando anche il livello di rischio. Bisogna anche conservare la titolarità sportiva".
L'Inter comunque rimarrà competitiva?
"Sì, se non siamo capaci di fare una rosa competitiva siamo meritevoli di essere cacciati. Avere soldi in tasca signifca fare operazioni importanti, ma non avere soldi porta a trovare soluzioni anche inedite".
Per quanto ti vedi all'Inter?
"Il mio mandato è ancora di due stagioni, poi dipende da diversi fattori. Io mi trovo benissimo all'Inter e se posso andare avanti è un piacere. Quello che sarà il futuro non lo so, guardo al presente, a stasera, a martedì. Ma a Milano mi sento realizzato, è il massimo".
Volevi fare il giornalista. Quale sarà il titolo della Gazzetta di mercoledì?
"Piedi per terra, sentiamoci martedì..."
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