Mazzarri: "Pazza Inter? No, voglio una squadra tosta. Non sono un piangina"
Dopo l’intervista a Radio Capital di ieri, Walter Mazzarri torna a parlare ai microfoni del Quotidiano Sportivo. Intervistato da Giulio Mola, il tecnico nerazzurro carica i suoi in vista della gara di sabato contro la Fiorentina. Ecco le parole del mister di San Vincenzo:
Un’intervista dopo una vittoria: come è trascorsa la settimana dopo le recenti inquietudini?
“Direi come le altre. Ho sempre cercato di tenere la squadra al riparo dalle turbolenze, lavorando e correggendo gli errori ed esortando i ragazzi a pensare solo al campo per cambiare la tendenza dei risultati. Il Sassuolo è archiviato, ora c’è in testa la Fiorentina”.
Il test del Franchi sembra fatto apposta. Forse avversario peggiore non poteva capitare ma è meglio così per avere certe conferme?
“Vero. Quella viola è una squadra molto pericolosa soprattutto sul suo campo. Ma noi siamo fiduciosi di poter dare una certa continuità di risultati. E poi dall’inizio dell’anno parlo di tappe, ogni fermata è un qualcosa in più pensando al futuro. Non dimentichiamo che siamo nel famoso anno di transizione”.
Raggiungere il quarto posto della Fiorentina per lei sarebbe un traguardo eccellente o ritiene che i viola abbiano un organico superiore?
“Da allenatore non faccio confronti, penso all’Inter e a portarla più in alto possibile pensando gara dopo gara e senza porsi limiti. Noi dobbiamo guardare noi stessi e cercare di raggiungere il massimo tutti i giorni. E forse spingersi oltre”.
Cosa intende per “il massimo”?
“Far capire a tutti i calciatori che se tutti rendono ad alti livelli il risultato si moltiplica. Non voglio una pazza Inter, quella che fa una volta bene e l’altra no, ma una squadra che cresca e migliori di giorno in giorno”.
Dovrà inventarsi delle trappole per Cuadrado o dovranno essere loro a preoccuparsi di Hernanes, ammesso che giochi?
“Hernanes dovremo valutarlo in questi giorni, ha un problema muscolare. Cuadrado è bravo, sarà da limitare ma non è l’unico; la Fiorentina ha un modo di giocare che mette tutti in difficoltà”.
Intanto ha recuperato Guarin. Aveva ragione lei quando non voleva privarsene…
“Non entro nel merito delle scelte di mercato, sono valutazioni che si fanno in società. I fatti però dicono che con me il ragazzo ha sempre giocato anche quando la gente storceva il naso. Poi c’è stato il mercato e io l’ho preservato, ma adesso è ritornato”.
Ranocchia, Kovacic e Icardi in panchina nell’ultima gara. Il progetto giovani può attendere?
“Ranocchia non lo considero più un giovane ma uno già fatto e pronto, e quindi si tratta di scelte tecniche del momento. E comunque io reputo che se un giovane possa dare di più e sia adatto, state certi che schiero anche uno di 17 anni. Se invece lo tengo fuori è perché ritengo che altri mi diano più garanzie”.
Il motto di Vincenzo Montella è “giocare divertendosi”. E il suo?
“Vista l’esperienza sin qui maturata è cercare di fare un gioco che piaccia ma che miri al risultato. In Italia conta solo quello, non basta giocare bene ma serve essere concreti”.
Lei viene definito un ‘piangina’, Montella ‘lamentino’. Etichette che danno fastidio o che la caricano di più?
“Delle volte sento certe cose e mi viene da dire ‘da che pulpito viene la predica’. Poi vedo l’affetto dei tifosi interisti che mi fermano e mi dicono: “Non si faccia influenzare da tutti quelli che sono contro, sappiamo chi è lei”. Ecco, a me interessa questo. Se sono gli avversari a parlare così di me perché non hanno altro da dire, non m’interessa; chi mi conosce sa che non sono proprio un piangina. Diciamo che protesto, non sto zitto. Tutto questo mi va bene. E poi credo che chi ascolta le mie proteste si rende conto che avevo ragione”.
Torniamo alla sua Inter. Poche sere fa, alla domanda se “fosse contento di Mazzarri”, Moratti ha risposto “Forse è lui che non è troppo contento della società e dei giocatori”.
“Al di là della battuta ha dato l’idea di essere contento di avermi affidato la squadra. E perché sa davvero come lavoro per la società”.
Anche i tifosi, nel pieno della tempesta, le hanno dedicato uno striscione, perché “si vede chi lavora davvero”. Se la aspettava questa manifestazione d’affetto?
“Mi hanno fatto tanto tanto piacere, anche perché la gente non si è fatta fuorviare dalle critiche che ho ricevuto. Di solito queste cose si capiscono dopo un po’ di tempo, non al primo anno”.
Ai tifosi cosa chiede? Pazienza, fiducia o altro?
“Pazienza e fiducia sicuro, e cercare di trovare entusiasmo anche in un anno particolare come questo. Perché si percepisce che c’è gente che si impegna per tornare vincenti in breve tempo, per fare più calcio propositivo, per dare una mentalità”.
Si è mai pentito un attimo della scelta fatta a magio visto che alla firma non sapeva che la proprietà sarebbe cambiata?
“Non mi pento mai quando faccio una scelta. La porto avanti e voglio essere apprezzato per quello che faccio. Se tutti capiscono che faccio il massimo la cosa mi coinvolge di più. Se invece vengo criticato e messo ingiustamente nel calderone ci resto male”.
Come mai decise di scegliere l’Inter rinunciando alla Roma e anche alla possibilità di andare al Milan?
“Avevo tante richieste, anche dall’estero, e potevo scegliere. Ma quando mi ha chiamato Moratti e detto certe cose sono andato ‘a pelle’. Mi colpirono le sue parole, il suo entusiasmo. Non pensai a nulla, né alla rosa, né al mercato. Dissi vado e basta”.
E’ vero che i medici le avevano consigliato un anno di riposo?
“Mi sarei fermato perché quando sposo un progetto riesco a dare veramente tanto… e in quattro anni a Napoli ho dato tanto. Ci si può fermare anche per ricaricarsi e trovare nuovi stimoli, a volte disintossicarsi dell’ambiente fa meglio. Ma c’era un progetto che mi affascinava ed ero stimolato”.
Cosa le chiesto Erick Thohir nei vari incontri avuti?
“Intanto mi faceva piacere che mi conoscesse bene. E mi ha fatto spesso i complimenti, anzi le dirò di più: quando le ultime volte i risultati non erano buoni mi voleva calmare, sdrammatizzava vedendo che avevo voglia di spaccare il mondo… Sembrava fossi io il presidente”.
Ha cominciato a studiare l’inglese o il linguaggio del calcio è universale?
“Lo sapevo un po’ di inglese, avendo fatto l’osservatore. Mi manca qualche vocabolo ma col presidente ci si capisce”.
Le piace avere domande scomode alle quali rispondere. Eccone una: col senno di poi avrebbe dato via Cassano per Belfodil?
“Prossima”.
Va bene: Zanetti in panchina da oltre un mese, non era mai successo. Le è pesata questa scelta?
“Non era mai successo neppure che avesse un infortunio così grave. Anche lui è un essere umano, il confronto col passato non si può fare. Ci sono esterni che fanno bene e si programma il futuro, ma Javier è fondamentale nello spogliatoio, che giochi o no”.
Terza domanda: Nicchi ha detto che gli allenatori non si possono lamentare se poi non si presentano agli incontri con gli arbitri, riferendosi alla sua ultima assenza.
“Mancavano tanti allenatori e poi avevo da tempo fissato un appuntamento per motivi personali”.
Qual è in carriera il giocatore che ha valorizzato più di tutti?
“Tanti. Mi ricordo l’esplosione di Rolando Bianchi alla Reggina, paragonabile a quella di Edinson Cavani. E poi Giampaolo Pazzini alla Sampdoria. Se si parla degli esterni direi tutti”.
Lei è uomo di mare: Livorno, Reggio Calabria, Genova, Napoli. Milano come la vive?
“Bene, pensavo peggio per il clima, ma non sento freddo. Anche perché ho sempre 37° di temperatura corporea”.
Più scomoda la panchina o più caotico il traffico?
“Né l’una né l’altra; poi per andare ad Appiano conosco solo una strada”
Dove deve arrivare l’Inter per dire di avere fatto bene?
“Ci sono 45 punti in palio, mi piacerebbe farne tantissimi. Non mi posso porre limiti e comunque sarei contento se la squadra interpretasse ogni gara col mio spirito”.