Moratti: "Dal '95 al Triplete. Giusto cedere a Thohir. Calciopoli? Già nel '98..."
Fonte: Sette
Intervista esclusiva di Massimo Moratti a Sette, inserto del Corriere della Sera, in cui il presidente nerazzurro si racconta e racconta la sua storia d'amore con l'Inter, proprio nei giorni in cui è diventato ufficiale il passaggio di consegne della maggioranza a Erick Thohir. Si parte da quel 28 gennaio 1995, il giorno in cui la trattativa per ereditare il club da Pellegrini fu definitivamente chiusa. “Decisione non facile. Era un rischio che si poteva correre o forse io la vedevo così. L'Inter, per tutti noi, è sempre stata soltanto una passione. Era così per papà, è stato così per noi e per me. Era difficile rimanere indifferenti di fronte a una squadra che era diventata un po' pallida, anche con una sofferenza che va molto più in là di quella del tifoso, perché ne hai la piena responsabilità”.
ZANETTI - “Il primo giocatore che ho visto e che ho scelto. Non avevo ancora preso l'Inter e mi era arrivata la cassetta di una partita dell'Under-20 argentina in cui avrei dovuto osservare Ortega. Ne vedo un pezzo, lui non mi aveva entusiasmato e, invece, cosa stranissima, mi ero lasciato incantare da un terzino che faceva cose che non avevo mai visto: difendeva, ripartiva , dribblava sette avversari insieme. Oggi è ancora con noi: ho scoperto che viene da Krypton e che giocherà ancora per 4-5 anni”.
INCE, RONALDO E RECOBA – “Mi avevano consigliato di non prendere giocatori di colore poiché la curva poteva pensarla diversamente. Io, che volevo già prendere un grande centrocampista, forse anche per provocare, mi sono tolto l'ultimo dubbio ed è arrivato qui. La risposta del pubblico fu fantastica, Ince è stato uno dei giocatori più adorati”. Poi fu la volta di Ronaldo e Recoba, era l'estate 1997. “Ronaldo era fortissimo e l'ho preso per quello, ma anche perché tutti pensavano fosse impossibile. Sembrava aver raggiunto un accordo col Barcellona e invece, mentre ero in viaggio, mi arriva la telefonata in cui mi si diceva che desiderava venire all'Inter. Quel tratto di strada lo feci con un entusiasmo incredibile. Ottimo affare: arrivato a costo alto, ma 5 anni dopo è stato rivenduto al doppio al Real e per noi ha rappresentato un'immagine importantissima perché ci ha aperto al mondo. Recoba, invece, si era presentato a San Siro con due gol alla prima col Brescia. Era un giocatore di grandissima classe, sorprendeva noi e sé stesso”.
CALCIOPOLI – “Abbiamo vinto tanto, ma prima c'è stata anche tanta sofferenza, perché abbiamo dovuto scavalcare le montagne. C'è stato un momento in cui vedevo davanti a me un muro non superabile. Avevo capito che al massimo avremmo potuto concorrere per il secondo o terzo posto. Nel 2006 avrei voluto cedere la società; poi prevale il senso di responsabilità e il rispetto per l'impegno preso. Così ho deciso di andare avanti, mentre si andava precisando quanto si era intuito già nel 1998. Ho pensato: faremo una squadra così forte, che vinceremo tutto”.
IBRA E MANCIO – “Mi avevano raccontato che a Malmoe, Zlatan giocava con la maglia dell'Inter. Ibrahimovic era un campione da Inter, geniale e fantastico, come impongono la tradizione e la storia della società”. In panca Roberto Mancini e, nell'ottobre 2006, dopo l'1-1 di Cagliari, Moratti pensa di sostituirlo con Scolari. “Ma lui mi disse: 'Stia tranquillo, vinciamo lo scudetto alla grande, ma non cambi allenatore. Non faccia questo errore. Mi era piaciuto che parlasse dell'allenatore non in prima persona. L'ho tenuto e abbiamo vinto”.
MOURINHO E IL TRIPLETE – “Lui l'avevo cercato dopo lo sfogo di Mancini, a metà marzo 2008; gli avevo spiegato che se fosse arrivato lo scudetto, non avrei cambiato. Lui mi rispose: 'Non prendo impegni, finché lei non ha deciso”. Alla fine ho scelto lui, perché temevo che Mancini ripetesse lo sfogo dopo il Liverpool e si dimettesse. Il Triplete? Il bello è che ho sofferto più a Siena che a Madrid. Lì ero convinto che avremmo battuto il Bayern. E' stata una grande emozione, non una sofferenza”.
LA CESSIONE – “Nel 2011, dopo la vittoria della Coppa Italia, ho pensato che fosse venuto il momento di fare un passo laterale, di trovare nuove soluzioni per il club. Ho cercato una soluzione che ci aprisse nuovi mercati. E' stato giusto farlo. Non ho mai pensato di essere presidente dell'Inter a vita”.