Moratti, dal Triplete alla cessione a Thohir. Primi vagiti di nuova Inter
“Il Triplete? Un’immensa gioia e un altrettanto immensa occasione sprecata”. Così ha parlato Massimo Moratti nella lunga chiacchierata con il direttore della Gazzetta dello Sport. Il numero uno di Palazzo Saras non ha dato certezze, ma ha lasciato intendere parecchio. Ad esempio, si è capito che l'accordo con Erick Thohir è ormai raggiunto e ormai è solo questione di tempo per il closing. Un accordo che, dalle parole dello stesso Moratti, si deduce essere quasi un obbligo morale verso l'Inter e i suoi tifosi. Perché andare avanti così non si può più ed è arrivato il momento di voltare pagina.
“L’Inter è come una figlia. Una ragazza bellissima, con doti straordinarie. Le dai tutto per farla divertire, perché è giusto così. Ma viene un tempo in cui è opportuno mandarla in collegio. La disciplina e l’educazione sono fondamentali per la sua crescita. Solo così imparerà a camminare da sola”. Tra il malinconico e il doveroso. Moratti si assume gran parte delle responsabilità riguardo al declino graduale del club dopo l'apice del Triplete. E lo fa in una maniera che non t'aspetti. Il paragone è calzante, la metafora spiazzante: un'ammissione a 360 gradi. Errori commessi forse per eccessivo amore e allora è arrivato il momento di "imparare a camminare da sola", ovvero senza l'ausilio del genitore. E il collegio, in questo caso, è l'estraneo che può prendere decisioni senza morire dentro. Come quando si fa una fatica immane a stracciare contratti con chi ti ha fatto godere a Madrid.
Ma l'Inter che verrà, come annuncia il presidente nerazzurro, non sarà solo questo. Sarà un club progressista, battistrada in Italia di quello che secondo Moratti dovrà essere (e probabilmente necessariamente sarà) la rotta da intraprendere per il calcio italiano per non perdere ulteriore terreno in favore della concorrenza estera.
“L’Inter ha tagliato enormemente i costi di struttura e gli stipendi, ma questo non serve a nulla se il fatturato si riduce. Ripeto, non è una questione di sopravvivenza. È un problema di sviluppo e va risolto con un’innovazione forte. L’Inter vale molto più di quanto produce in termini di fatturato. Deve valorizzare il proprio marchio sul piano internazionale se vuole avere un futuro in linea con la sua tradizione”. Ecco: questo è il fulcro di tutto il discorso. E' il nucleo, la realtà. E' l'idea da cui è nata la scelta di farsi da parte (del tutto?), visto che “a un certo punto i presidenti-simbolo diventano un tappo”. Un passo indietro per il bene dell'Inter. Perché adesso è arrivato il momento di camminare da sola.