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Repubblica - Caos attorno alla ripresa del campionato, Lega Serie A divisa: c'è chi non vuole più giocare

di Mattia Zangari

L'ultima partita della Serie A 2019-2020 potrebbe essere stata Sassuolo-Brescia. Stando a quanto riferisce La Repubblica, non è escluso che il sipario sul campionato italiano di calcio possa essere calato il 9 marzo scorso, visto che - in piena emergenza Covid-19 - alcuni fra i venti club stanno pensando a questa prospettiva; poi c'è anch chi vuole tornare in campo a tutti costi, magari giocando a giugno e luglio (come De Siervo, ad della Lega). Insomma, la solita spaccatura. 

Alcune società hanno fatto i loro calcoli, non avendo più traguardi da raggiungere quest'anno: se non si tornasse a giocare le ultime 12 giornate, potrebbero risparmiare sullo stipendio dei giocatori. Altre ritengono che non sia il caso di rischiare e sarebbe meglio tornare a giocare solo a "contagi zero", quindi a settembre. La pattuglia degli irriducibili, guidata dal presidente della Lazio Claudio Lotito, che spera di ritornare in campo di nuovo ai primi di maggio (o mal che vada a giugno) ormai è sempre più ridotta ai minimi termini. Ognuno guarda al proprio orticello, anche se questi temi non sono stati mai affrontati a livello di assemblea. Dal Pino e De Siervo cercano di mediare, provando a fare gli interessi dell'intero movimento. 

Intanto, oggi, è andata in scena un'assemblea informale senza liti, nella quale si è parlato delle proposte della Lega che poi la Figc si farà carico di presentare al governo venerdì. Ci sono priorità sul costo del lavoro, revisione della legge Melandri togliendo il vincolo dell''esclusiva (in questo caso sperano di avere più soldi da Sky), agevolazioni fiscali per gli stadi e il via libera alla pubblicità sul betting e una forma di gioco-lotteria per aiutare il calcio e superare un Totocalcio ormai "vecchio". Ci sono misure urgenti, e altre che potrebbero essere discusse più avanti come la legge 91. Nel caso non si ripartisse più, la decisione sul da farsi spetterebbe alla Figc: non ci sono norme, e questo può scatenare non pochi contenziosi. C'è ad esempio da comunicare all'Uefa le squadre da ammettere alle Coppe europee e il compito tocca a Gabriele Gravina che deve equilirare varie correnti di pensiero. Chi vorrebbe scegliere il ranking Uefa, chi preferirebbe tenere in conto delle quattro che hanno partecipato quest'anno e chi invece vorrebbe mandare in Europa le prime quattro della classifica di quest'anno al momento dello stop. Si terrebbe conto quindi dell'ultima classifica completata, cioè con tutte le squadre che hanno giocato lo stesso numero di partite? Potrebbe essere la linea prevalente, anche se manca una regola. Ma il problema in Lega, almeno in maniera ufficiale, non è mai stato affrontato.

L'ipotesi di una serie A a 22 squadre non solo non piace al numero uno del calcio italiano, ma creeerebbe problemi enormi di calendario nella prossima stagione, 2020-2021, visto che si dovrà chiudere a maggio per lasciar posto agli Europei. Ci sarà sicuramente battaglia, così come quando i club decideranno di tagliare gli stipendi ai loro calciatori. Nell'ipotesi peggiore, cioè con la stagione non conclusa, si tratterebbe di una decurtazione del 30 per cento, un risparmio teorico per i club di circa 450 milioni lordi. Ma bisognerà tenere presente chi era in ferie in questo periodo di stop, e di chi era in malattia (in quarantena). Le trattative sarebbero individuali, il governo dovrebbe fare un provvedimento. Non è per niente semplice venirne a capo, ma il taglio comunque ci sarà, piccolo o grande che sia. I club lo considerano "imprescindile" visto che avranno comunque un danno che può oscillare dai 200 ai 700 milioni, non caso si giocassero le ultime 12 giornate oppure tutto finisse qui. 


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