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Simoni: ''Moratti, peccato! Volevo Batistuta-Bierhoff, ma poi arrivò Ronaldo"

di Alessandro Cavasinni

Gigi Simoni, intervistato da Sky, racconta parecchi aneddoti della sua avventura in nerazzurro, con particolare riferimento al rapporto con Massimo Moratti. Al tecnico, infatti, la cessione del club non gli è ancora andata giù. "Io avevo un debole per Batistuta e lo chiesi a Moratti. L'idea era di giocare con due punte: Batistuta e Bierhoff. Ma poi il presidente mi disse della possibilità di prendere Ronaldo e così fu. Era una gioia, lo andai a vedere un paio di volte a Barcellona: giocatore eccezionale. Fu una sorpresa, ma è chiaro che preferivi Ronaldo a tutti. Baggio? Io volevo un centrocampista come Boghossian, ma mi dissero che si poteva acquistare lui. Come potevo dire di no a Baggio? E così mollammo Boghossian. Moratti non mi ha mai fatto pressioni sulla formazione o domande scomode. Tant'è che lui stesso, nelle interviste, ripete spesso che cacciarmi durante il campionato fu un errore. Il presidente mi chiamò qualche tempo dopo l'esonero. L'unica volta che mi espose delle perplessità fu prima del match col Real Madrid a Siviglia in Champions. Io volevo lasciare fuori proprio Baggio, ma comunque giocavamo con due punte come Zamorano e Ronaldo. Per la stampa, scelsi Milanese al posto di Baggio...".

Sulla rivalità con la Juventus: "C'è stato un momento in cui ho pensato se valesse davvero la pena continuare a fare questo mestiere. Poi passa tutto, però... Una volta ho rivisto Ceccarini e ho avuto la sensazione di andargli a dire qualcosa".

Su Recoba e l'addio di Moratti: "Recoba lo vidi ai tempi del Napoli e a Ferlaino raccontai di Alvaro. Poi all'Inter lui era un pallino del figlio giovane di Moratti. Lo presero loro. A me dispiace tantissimo che Moratti abbia venduto la società a Thohir. Quando ci faceva visita al sabato prima delle partite era sempre un piacere, il primo tifoso dell'Inter. Non sono tutti così, anzi... Per fare il presidente di una squadra di calcio bisogna avere passione prima di ogni altra cosa. Sapeva gestire il club, soffriva, era molto paziente. Magari non lo è stato tanto con me...", chiude con un sorriso Simoni. 


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