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Strama racconta: "Io per l'Inter ho cambiato vita. E il mio calcio è così"

di Christian Liotta

Stracult, l'uomo del momento. Il Guerin Sportivo di questo mese dedica la sua apertura ad Andrea Stramaccioni, allenatore dell'Inter, un uomo che in pochi mesi ha saputo accattivarsi le simpatie di tifosi e addetti ai lavori: per il suo modo di fare, ma soprattutto per le sue grandi competenze e per l'abilità con la quale è riuscito ad imporsi su una panchina da sempre rovente come quella nerazzurra. E insieme, propone un'intervista rilasciata ai microfoni della psicologa Isabella Croce, apparsa in uno degli ultimi numeri della rivista del Settore Tecnico della Figc 'L'Allenatore'. Ecco cosa ha raccontato, a partire dai suoi esordi:

"L'idea di diventare allenatore nasce nel tempo. Dopo l'esperienza col Bologna fermatasi per il guaio al ginocchio, al quale ho reagito emotivamente malissimo, dopo due o tre anni, tramite un'amicizia di mia madre, sono andato all'Az Sport, una società di Monte Sacro. Ho iniziato con gli Allievi sperimentali vincendo due volte il campionato, poi sono andato alla Romulea, dove vincemmo due scudetti. Avevo 28 anni, dopo un mese mi affidarono i Giovanissimi '92 poi gli Allievi '91. Intanto continuavo la pratica presso uno studio legale. Quando mi ha chiamato l'Inter per la Primavera, però, l'ho lasciato e sono andato a Milano con mia moglie". Come definirebbe Strama il ruolo dell'allenatore? "E' colui che ha la responsabilità di guidare una squadra. Il modo di guidare un gruppo cambia a seconda dell'età delle persone. C'è una grossa differenza tra allenare Primavera e prima squadra. Punti di forza? Direi il rapporto coi giocatori, basato sulla chiarezza e sull'immediatezza, il che dà grandi vantaggi in ambito lavorativo. Sottolineo anche l'importanza della qualità del lavoro sul campo e la competenza. Che, come punto debole che evidenzierei, è spesso collegata al risultato del campo. Capisco gli investimenti, ma l'incertezza che si viene a creare influisce sull'attività che si svolge. Un altro aspetto negativo è la sovraesposizione mediatica per qualunque cosa accada intorno alla squadra. Siamo dei rappresentanti mediatici, e si è speso costretti ad accettare critiche o giudizi che non dipendono dal nostro operato".

Stramaccioni elenca poi le caratteristiche fondamentali di un allenatore: "Deve avere forte personalità, intesa come capacità di avere un certo impatto sugli altri, come carisma e come leadership. Avere l'abilità di saper comunicare in maniera efficacee avere una discreta sensibilità per comprendere gli altri. Ovviamente insieme alla competenza e la padronanza del mestiere". Parlando dei tecnici che lo hanno maggiormente influenzato, il tecnico nerazzurro aggiunge: "Quando Cesare Prandelli era a Parma ho avuto modo di osservare a lungo il suo modo di preparare e gestire gli allenamenti. Da Luciano Spalletti, in cinque anni, ho imparato tantissimo. Infine vorrei nominare Arrigo Sacchi, il grande promotore del calcio, dell'applicazione, della ripetizione". 

Ma qual è la filosofia calcistica di Andrea Stramaccioni? E' basata sull'idea di un calcio propositivo. Far sì che i ragazzi in campo esprimano collettività  e collaborazione e siano coinvolti nel gioco superando i limiti dell'individualità". Poi viene interrogato sulle difficoltà incontrate nel suo percorso formativo: "Sicuramente il passaggio dalla Primavera alla prima squadra è un salto molto grande, in cui variano le componenti di comunicazione e subentra il concetto di risultato in modo determinante. Senza trascurare la presenza di due elementi come giornali e media che monitorano e giudicano costantemente dall'esterno, e dei tifosi. Tutte queste differenze moltiplichiamole per 100, se la prima squadra poi si chiama Inter e tu subentri dopo quattro grandi allenatori che per un motivo o un altro non sono rimasti alla guida della squadra".


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