Troppi giocatori fuori ruolo, ok ai cambi. Come fecero Mancio e Mou
Dopo la sorprendente vittoria dello scudetto alla guida del Verona, a chi gli chiedeva quale fosse il suo segreto Osvaldo Bagnoli, che vanta nel curriculum anche una breve esperienza in nerazzurro, disse semplicemente: “Ho fatto giocare terzino il terzino e centrocampista il centrocampista”. Semplice, no? Una frase che spiega il modo migliore per vincere nel calcio come in altri ambiti, sportivi e non. Basta che ognuno svolga il compito per cui scende in campo e il meccanismo funziona come dovrebbe. Un concetto che non tutti gli allenatori applicano per la propria squadra e nella fattispecie Gian Piero Gasperini. Il tecnico dell’Inter deve oggi ‘difendersi’ dall’accusa di scelte errate e un atteggiamento tattico inadatto a un gruppo come quello nerazzurro, che hanno portato alla prima sconfitta in campionato. Critiche inevitabili contro chi, da tempo, era tenuto sotto osservazione anche al di là delle sue responsabilità. Va detto che Gasp non è mai stato accolto con entusiasmo dalla critica, compresa una buona fetta di tifosi nerazzurri, a causa di un credo tattico che mal si sposa con le recenti e vincenti stagioni della squadra. Il cambiamento, talvolta, è valutato con timore soprattutto se i primi impatti sono negativi. Gasperini non ha alcuna paura di applicare le sue idee a questa Inter, ma resta il fatto che, nonostante la buona volontà, i giocatori stiano faticando a metabolizzare il cambiamento tattico. Certe scelte, soprattutto nei ruoli, hanno lasciato perplessi e sono stati indicati come le cause della sconfitta del Barbera. Troppi, a prima vista, i calciatori fuori ruolo nel 3-4-3 presentato contro il Palermo e non sorprende se domani si vedrà uno schieramento più consono alle caratteristiche dei giocatori.
DIFESA - Si inizia ovviamente dalla difesa: Zanetti, nato come esterno e adattato a centrocampista, alla veneranda età di 38 anni è stato abbassato a fare il centrale difensivo, una prima volta per lui. Difensori esperti come Lucio e Samuel, poi, stanno facendo fatica perché non abituati a riempire in tre lo spazio generalmente coperto da una linea a quattro. E le falle nel cuore della retroguardia abbondano. Fino a quando il ginocchio del Muro non è saltato la scorsa stagione, lui e il brasiliano formavano forse la miglior coppia di centrali al mondo. Oggi, ultratrentenni, stanno cercando di abituarsi a posizionamenti mai provati. Il fisico e l’età avanzata evidentemente sconsiglierebbero esperimenti, soprattutto se vanno a intaccare un affiatamento comprovato nel tempo. Lo stesso Ranocchia ha dato il meglio di sé in una difesa a quattro: con il Genoa, sotto la guida di Gasperini, non aveva brillato particolarmente. Anche per lui, dunque, la strada non è poi così in discesa.
CENTROCAMPO - Il centrocampo, forse, è il reparto che soffre meno il cambiamento tattico, perché anche nelle stagioni precedenti i vari Stankovic, Cambiasso e Thiago Motta erano abituati a svolgere lavoro di costruzione e interdizione del gioco. Qualche perplessità li accompagna però alla voce tenuta atletica, non più quella di una volta. Alvarez ha buoni numeri ma tatticamente sembra ancora da plasmare e gli servirà del tempo per essere affidabile al 100%. Poli è la carta da giocarsi in caso di necessità, e le caratteristiche tecnico-tattiche del centrocampista eclettico sembrano essere nelle sue corde. Il problema principale è però sugli esterni, dove Nagatomo è chiamato a coprire tutta la fascia di competenza e altrettanto dovrà fare Maicon al rientro dall’infortunio. Entrambi sono stati sempre impiegati da terzini e le scorribande offensive nascevano da pertugi a loro favorevoli, non da indicazioni provenienti dalla panchina. Jonathan ha dimostrato di potersi adattare al ruolo di pendolino, mentre per Chivu, alternativa a sinistra, il compito appare a dir poco arduo, considerate caratteristiche atletiche ed età. Obi e Faraoni, gli altri esterni pronti a dire la loro, sembrano all’altezza di assimilare i dettami tattici dell’allenatore, anche perché il fiato per correre ininterrottamente non manca loro. Il dubbio è relativo all’assimilazione dei movimenti difensivi, un dogma per i laterali.
ATTACCO - Infine, il vero punto interrogativo, vale a dire il reparto offensivo. Se Gasperini vuole praticare il 3-4-3, c’è un problema non da poco: gli mancano le ali. In rosa il tecnico ha infatti cinque attaccanti, ma si tratta di prime e seconde punte, non di esterni. Perciò non resta che adattarli e i più ‘malleabili’ sono Forlàn e Zàrate, che però alla prima uscita nel ruolo hanno un po’ deluso, soprattutto l’argentino. El Cacha, in particolare, accompagnato da un enorme spirito di sacrificio, accetta di impegnarsi in difesa ma perde tanto dal punto di vista offensivo così defilato. Ed è uno spreco enorme, considerando le sue qualità indubbie. Milito e Pazzini sono poi gli unici che non rischiano di agire in un ruolo diverso dal loro: saranno infatti prime punte a prescindere, però dovranno, ahiloro, alternarsi, perché il modulo non prevede due attaccanti centrali ed entrambi non hanno nelle corde una posizione più defilata.
SNEIJDER - Dulcis in fundo, Sneijder, la sciarada di Gasperini. Per l’olandese, trequartista doc, non c’è posto nello schema del tecnico e a Palermo, chiamato in causa al posto dello stralunato Zàrate, ha agito defilato sulla sinistra, cercando di accentrarsi ogni volte che poteva. Ma quando si trattava di coprire in difesa, ecco i primi problemi. Sneijder non è un esterno, neanche un attaccante, per quanto abbia la tecnica per fare qualsiasi cosa. Gasp lo vede così e insisterà su questa strada, salvo lasciarlo in panchina all’occorrenza. È come avere una Ferrari e guidarla in strade che impongono un limite massimo di 50 km/h... Guarda caso, il meglio di sé Wesley lo ha offerto quando ha seguito l’istinto e si è posizionato dietro le punte, ma è giusto aspettare che l’Inter debba inseguire il risultato in modo arrembante per vederlo dove meglio si esprime?
COME MANCIO E MOU - Tornando alla teoria di Bagnoli, è in contrasto con le idee di Gasperini, per il quale un giocatore non può essere inquadrato in un singolo ruolo, ma deve saper fare di tutto. Concetto interessante e a volte accettabile, ma nel caso dell’Inter, con giocatori ultratrentenni e poco propensi ad accettare i ribaltoni tattici nonostante le migliori intenzioni del mondo, forse è il caso di non tirare troppo la corda. Giusto che il mister di Grugliasco sperimenti se crede davvero in certe situazioni, ma la speranza è che si arrenda all’evidenza, se questa screditerà le sue teorie, e abbracci nuovi moduli più adatti ai giocatori a sua disposizione. Mancini (dal 4-4-2 al 4-3-1-2) e Mourinho (dal 4-3-3 al 4-3-1-2 fino al perfetto 4-2-3-1), i tecnici più vincenti della storia recente nerazzurra, hanno cambiato in corsa e la storia li ha premiati. Gasperini può dimostrare, già da domani, di non essere da meno se vuole. Dopotutto, lui sì che ha le capacità e l’intelligenza di adattarsi...