Tutto Leo: "Sono libero, mi manda Mou. Così la mia Inter, senza Kakà"
E’ il suo giorno, è scoccata la sua ora. Dopo giorni di chiacchiere, accuse, applausi o critiche, Leonardo si presenta in sala stampa ad Appiano per la presentazione ufficiale da allenatore dell’Inter. Ed FcInterNews.it riporta tutte le parole del brasiliano, che con il sorriso sulle labbra si presenta subito così: "Vedo facce molto conosciute, vivo una situazione affascinante. Tutto è molto legato a rapporti, ed io ne ho numerosi con tante persone qui, tutto ciò rende compatto il tutto. Sono tredici anni che sono a Milano, sono emozionato perché è un giorno di grandi sensazioni. Quando parlavo di sogno un'estate fa, è perché io sono un romantico: cercavo un sogno in generale, qualcosa che potesse stimolarmi tanto, una grande sfida. Più grande di questa, credo proprio che non ce ne siano.
Una scala da uno a dieci per l'emozione, la voglia ed anche un po' di paura...
"Il calcio ti dà opportunità, ti fa vivere tutto ciò anche in una giornata sola, quella della partita, dove si vivono emozioni immense. Oggi vivo emozioni infinite, questa sfida è così profonda tanto da essere impossibile dire di no. Inoltre c'era un rapporto spontaneo e splendido con il presidente, scherzavamo insieme anche dieci anni fa, sempre in maniera disinteressata. Ed ora siamo qui, sembrava tutto improbabile, ma tante cose mi hanno portato qua oggi. E' un giorno molto speciale, c'è un rapporto di stima ma ora io sono l'allenatore e lui il presidente, il rispetto della gerarchia è totale".
Non si è mai sentito un interista 'lontano' anche quando era al Milan, visto il suo modo di fare comunicazione più vicino a quello di Moratti o dell'Inter?
"Sarò molto sincero. Io ho sempre cercato di essere libero, voglio la mia identità, il mio modo di fare. Poi se creo un rapporto con una società, sarò sempre me stesso in quella situazione. Ho tante cose in comune con il Milan, non dimenticherò mai quello che ho vissuto e ringrazierò sempre il Milan, lì ho fatto giocatore, dirigente ed allenatore e nemmeno per un secondo me lo scorderò, perché con il Milan e Capello sono arrivato qui. Fabio mi ha voluto in Italia, poi Galliani che stimo tantissimo. Però le diversità ci sono dovunque, ma le cose in comune c'erano come sono qui all'Inter. Cerco di fare patti molto chiari. Io ho la mia verità di questa situazione, non ho rimpianti e non mi sento colpe: sono sempre stato libero, ho sempre detto come volevo stare in ogni realtà e le persone lo sanno, nessuno può dirmi nulla. Non potevo dire no ad una sfida così bella ed inaspettata".
Qual è la prima cosa che chiederai alla squadra?
"Arrivo nell'anno più importante di una società così immensa. Sono incroci incredibili, ed io mi sento molto carico ed entusiasta di quello che ho trovato. Le vittorie creano complicità ed entusiasmo, è quello che sento all'Inter. Non c'è niente da chiedere in particolare, l'Inter ha vinto tutto e ha una sua identità. Io non devo inventare niente, i giocatori sanno cosa devono fare, devo semplicemente metterli nelle migliori condizioni per vincere. Non credo all'appagamento, la mia Inter deve avere la serenità di chi ha vinto ed è grande. Bisogna tornare a fare le grandi cose del miglior periodo di un anno fa".
Quanto ti dà fastidio di esser stato presentato come un traditore?
"Non voglio fare il bravo ragazzo come si dice (ride, ndr). Rispetto ogni giudizio, come ho sempre voluto la mia libertà di giudizio. Ogni persona può vedere alla sua maniera questo trasferimento, ma io ho la mia ed il calcio è emozioni. Rispetto qualsiasi giudizio".
Trovi differenze o punti in comune tra il primo giorno al Milan e quello qui all'Inter? E sull'organico, dal punto di vista tecnico, differenze?
"I paragoni sono difficili perché sono due realtà diverse inserite nello stesso contesto. Un'annata è diversa dall'altra anche nella stessa squadra, ho vissuto un Milan diverso da quello di oggi. Io lì arrivavo a fare il tecnico dopo 12 anni in società, conoscevo tutti e mi agevolava, però c'era anche un nuovo rapporto da ricostruire. All'Inter è molto diverso, alla Pinetina è la terza volta che vengo: devo imparare tante cose anche se conosco tante persone qui. Arrivo anche dopo 13 anni al Milan, la situazione è molto forte ma mi sento un privilegiato di poter vivere questa situazione".
Ci sono già le magliette nerazzurre di Kakà... I tifosi sognano un clima brasiliano.
"Conoscendo Kakà, credo che mai lascerà il Real Madrid prima di aver fatto bene lì. Lo sento spesso, ha grande voglia di fare, sta per rientrare ed ha davanti un'annata che sta vivendo in maniera entusiasmate quel club. Vuole fare bene al Real".
Quanto ci hai messo per accettare l'Inter?
"Molto poco. La voglia è cresciuta nel tempo, non ho mai pensato davvero che tutto ciò potesse succedere. Ci siamo incrociati tante volte, con incontri affettuosi nonostante facessi il dirigente al Milan. L'allenatore però ha agevolato il nostro trovarci, perché è un ruolo che cambia spesso e ci ha dato l'occasione di essere liberi di scegliere in un momento come quello".
Credi alla rincorsa scudetto?
"Sì, eccome. Il campionato è lunghissimo. La situazione è particolare, perché hai 13 punti da prendere e due partite in meno, da gestire al meglio psicologicamente. Pensando oggi sono tanti punti, ma basta poco per inserirti nel gruppo che può vincere. L'inizio sarà fondamentale".
Dopo 13 anni di Milan, ora saranno gli avversari di tutti i giorni. Come vivrai tutto ciò?
"Perché loro sono la capolista, certo. Si sono rafforzati, sono una delle favorite. Ma ora c'è da pensare a noi, a quello che oggi bisogna fare per rientrare nel gruppo delle favorite al titolo. Il campionato del Mondo ha dato grande carica, c'è da pensare soltanto all'Inter. La sudamericana mancante in finale ha fatto parlare tanto, ma vincere anche quando sei strafavorito non è mai facile, anzi. Questo è un punto di partenza".
Pensi che la sintesi sia quel "ritrovare la sua grandezza" che hai detto?
"Qui c'è stato Benitez che ha sempre fatto cose straordinarie, poi i problemi possono esserci per tutti in qualsiasi società. Non credo che questo lasci grandi problemi, si deve ripartire anche con gli insegnamenti che ha dato Benitez. Anche se per me questa squadra c'è già, in realtà non c'è da ripartire, l'Inter c'è già".
Che uomini hai sentito in questi giorni?
"Tutti, non solo giocatori. Non abbiamo tempo, il 6 gennaio siamo già in campo: volevo conoscere tutti, vivere il quotidiano ad Appiano, respirare l'aria che fa poi produrre le partite. Ho trovato in tutti una grande accoglienza, non sapevo cosa aspettarmi e invece ringrazio. E' stato molto positivo".
La sua maggiore preoccupazione da domani, quale sarà?
"Ora devo osservare ed imparare, quindi agire pensando a quello che c'è. Non voglio rivoluzionare niente, aggiungere solo le mie idee di base che cercherò di trasmettere. Ho già toccato con mano tante cose in due giorni, moltissime positive da mantenere e pochissime negative da eliminare. Voglio far conoscere chi sono veramente, non solo come allenatore per il gioco che vorrei - che è molto simile a quello che c'è già - ma come gestore della squadra. I rapporti si stabiliranno".
Con chi pensi di confrontarti con esperienza all'Inter?
"Parli di Mourinho? (sorride, ndr). José con me è stato straordinario. Io l'ho chiamato, e arrivare all'Inter e senza passare da lui è impossibile. Mourinho è ovunque. Lo conoscevo, è stato davvero splendido: ci siamo confrontati su tante cose, mi ha dato i suoi pareri. Non perché sia il 'grande José', ma perché è un uomo intelligente che qui è presente ancora ed ha lasciato qualsiasi cosa. Sono felicissimo di tutto quanto mi ha dato. Lo considero un fuoriclasse, dietro le brillanti conferenze stampa c'è un lavoro infinita, dedica la sua vita a quello. Il lavoro si vede ancora qui".
Non sei un po' perplesso ad arrivare qua all'Inter?
"Io non sono José Mourinho, ho fatto un anno di allenatore, con mille errori e forse con qualcosa di positivo. Oggi inizio il mio secondo 'mandato', dopo un anno da allenatore e sei mesi di studio".
In questi mesi di lavoro, ti stuzzica il mestiere di tecnico ancora?
"Bella domanda. Quando ero al Milan, una volta terminato ho riflettuto sul mio futuro, non ero certo di continuare. Però credo che questa opportunità mi ha fatto avere la certezza di quello che voglio fare, aspettavo una cosa che mi facesse "alzare dal letto" d'improvviso, l'Inter mi ha fatto essere convinto di ciò che voglio".
L'altro giorno Oddo ha approvato la tua scelta, invece Pato ha detto 'Spero che non vinca molto'.
"Non è stata una frecciata di Alexandre. Ho sentito tutto, se mi avesse augurato di vincere non sarebbe stato normale. Era una battuta, dai, ci sta tutto. E ci sta anche che i ragazzi abbiano difficoltà a dare un parere, si prova ad essere più normali possibili per non creare delle situazioni".
Cosa vorresti portare di tuo a questa Inter? E cos'era l'Inter per te in 13 anni di Milan?
"Non ho mai vissuto il Milan come nemico dell'Inter, e non lo dico perché sono qui. Milano è una città di cultura, si vive bene la rivalità con momenti più o meno tranquilli, ma in 100 anni di storia c'è sempre rispetto. Al Milan ho vissuto il Milan, dando il 100% con la massima fedeltà, senza pensare all'Inter come rivale. Per quanto riguarda la parte di mio gioco a dare a quest'Inter, ci sono tante cose che condivido dell'ultimo anno e mezzo. Poi ci sono caratteristiche, come forza fisica o grande concentrazione, con un gioco concreto e una difesa molto solida. Questo non è lontano da quello che vedo io, ma la base la condivido quasi pienamente".
Si è cambiata una gestione, dopo Benitez. Cosa pensi degli infortuni?
"C'è un momento di assestamento, è una cosa naturale. Sicuramente ci sono stati tanti infortuni durante il suo periodo, però tanti infortuni sono stati recuperati in modo veloce, al Mondiale c'era fuori solo Walter Samuel con Sneijder che si è fatto male. Ci sono state cose positive e negative. Non voglio fare processi qui, bisogna pensare al futuro ed al presente, dobbiamo trovare una formula per non trovare ulteriori infortuni".
L'anno scorso nel MIlan c'era grande entusiasmo nella rincorsa all'Inter, ad un certo punto. Qual è la tua ricetta per ridare la gioia a questa squadra?
"Non credo che ci sia un mago che possa fare ciò. La squadra ha grandi risorse, lo stimolo e la voglia sono il marchio dell'Inter. C'è solo da trovare il modo migliore di mettere in condizioni normali - perché la loro condizione basilare è questa - i ragazzi, dall'allenamento alle piccole cose. Non ci credo all'appagamento, non posso credere che una squadra che vince non è più tranquilla. Questa Inter ha deciso di riscattarsi in numerosi casi, anche al Mondiale, dunque non c'è niente da dimostrare da parte di questa squadra, bisogna solo pensare alle cose belle fatte e continuare su questo piano. Guardando l'Inter oggi, la vedo sulla vetta di tutto".
Sul mercato, cosa ci dice?
"Non c'è niente da dire. Parlavo anche con Branca, se c'è l'occasione di inserire un giocatore da mettere in un certo contesto lo prendiamo, ma serve anche tempo per costruire. Non bisogna intervenire così per farlo, se ci sarà un'opportunità ci inseriremo. E' questo il pensiero che noi tutti condividiamo".
Che lingua userai, delle tanti che conosci, con i campioni dell'Inter?
"La leadership mi piace perché ci sono tanti modi di attuarla. Non c'è un modo di comandare, ma tanti modi. Ogni giocatori, o ogni persona, ha una chiave. Bisogna semplicemente trovarla, perché ci sono sempre situazioni individuali, e poi arriva il gruppo. Non è una cattivera, è così. Il mio linguaggio può essere diverso tra un giocatore e l'altro, poi c'è ovviamente la base della squadra, ma quella c'è già".
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