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Una giornata per ribellarsi al destino. Ora per Correa deve esserci mondo anche fuori dalle mura di Verona

di Christian Liotta

"Se l'Inter giocasse sempre col Verona, avrebbe la media rendimento di Ronaldo o Christian Vieri". Probabilmente, tra il serio e il faceto, tutti i tifosi nerazzurri hanno avuto questo pensiero dopo aver visto la prestazione odierna di Joaquin Correa al Bentegodi. Il ragazzo nato in una città argentina dal curioso nome di Juan Bautista Alberdi si è rivelato contro i gialloblu l'ennesima carta vincente di Simone Inzaghi, a sorpresa ma nemmeno troppo visto che il tecnico nerazzurro aveva ben chiaro da tempo che il piano partita avrebbe avuto l'ex Lazio come punto di riferimento in attacco, e poco hanno influito le contingenze che hanno messo fuori gioco Lautaro Martinez a poche ore dal calcio d'inizio. Il Tucu oggi ci sarebbe stato in campo, anche malgrado l'accoglienza, per usare un eufemismo, tiepida di gran parte della tifoseria. 

Quello di Correa all'Inter, del resto, sembra un destino scritto da tempo: tornato all'Inter dopo l'esperienza amara con l'Olympique Marsiglia, ha vissuto un'intera estate con l'etichetta di esubero, con l'Inter che ha cercato di piazzarlo un po' qui un po' là anche per neutralizzare gli effetti di un addio a parametro zero la prossima estate, senza però riuscire a trovare uno sbocco favorevole. Lui però non ha fatto una piega, ci ha messo di suo tanta pazienza nell'accettare lo scorrere degli eventi, il rimanere in nerazzurro anche se lontano dall'essere una prima scelta, con tanto di esclusione dalla lista per la Champions. Non ha fatto una piega, Joaquin, nemmeno di fronte ai  40 minuti scarsi che ha avuto da Inzaghi sin qui in campionato. Scampoli di match accettati senza fiatare, anzi lavorando quasi nell'ombra, quasi a subodorare che il suo momento, prima o poi, sarebbe arrivato.

E a quanto pare, il giorno tanto atteso è arrivato. Ed è arrivato in quella Verona dove, ormai oltre tre anni fa, Correa aveva regalato la grande illusione: doppietta decisiva e vittoria contro gli scaligeri a pochi giorni dal suo arrivo dalla Lazio, un avvio folgorante di un cammino poi diventato terribilmente accidentato. A Verona, però, per qualche ora Correa si è ripreso l'Inter: colpendo pali, ricamando gioco, servendo assist e soprattutto trovando la rete del vantaggio con una giocata da grande attaccante, un dialogo bellissimo con Marcus Thuram culminato col colpo morbido a scavalcare Lorenzo Montipò e depositare la palla in porta. E proseguito nell'esultanza successiva al gol, dove Tikus ha voluto eseguire insieme al compagno il gesto del ghiaccio nelle vene, ripetuto poi quando è toccato a lui bucare Montipò per il 2-0.

Segna e gioca Correa, e ad essere felice è davvero tutta l'Inter: lo si vede nell'esultanza di tutto il gruppo anche in occasione dell'assist per il gol di Thuram, lo si avverte nelle parole dei compagni dopo la partita e soprattutto via social, dove tantissime sono state le testimonianze di affetto nei confronti del Tucu, alle quali si è aggiunto anche l'ex presidente Steven Zhang. Segnali inequivocabili: Correa non è un corpo estraneo all'Inter, anzi è uno del gruppo e che è benvoluto dal gruppo. Oggi per lui è stata una giornata diversa, di ribellione ad un destino che appare già scritto. Correa si riprende l'Inter per qualche ora a Verona; adesso, finché avrà il tempo, dovrà dimostrare che per lui il mondo nerazzurro va anche oltre le mura della città di Romeo e Giulietta, smentendo anche William Shakespeare.

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