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Va in scena l'arte della persuasione. E quella coerenza lascia perplessi

di Fabio Costantino

A dodici anni di distanza l'Inter riassapora l'onta di uscire dalla Coppa Italia, che successivamente ha alzato al cielo più volte, agli ottavi di finale. Roba da squadre di medio-bassa classifica se non addirittura di cadetteria. Delle ultime, forse questa eliminazione per mano di una 'normale' Udinese è la sconfitta più dolorosa, perché costa l'unica competizione in cui la squadra di Mazzarri avrebbe potuto giocarsela con le altre, oggi decisamente superiori sia in classifica sia nel rendimento.

PRINCIPE SENZA SPADA - Mazzarri ha le sue responsabilità, negarlo sarebbe come nascondere la testa dentro la sabbia. Nello stadio dove ha proposto la migliore Inter della stagione, la sua squadra attende di prendere la sberla di Maicosuel prima di giocare a pallone. E non è che ci si trovi davanti a uno spot per il calcio, ci mancherebbe. Senza offesa, l'Udinese sembra davvero un avversario più tosto di quanto non lo sia in realtà (e il bilancio dell'ultimo mese lo conferma) davanti a un'Inter timida e impacciata, che neanche il rientro di Milito riesce a rivitalizzare. Il Principe lotta, si sbatte, guadagna un rigore e fa da sponda ai compagni, senza però trovare mai il guizzo vincente. Ma non ci si può affidare a lui per portare in salvo la barca dal nubifragio.

LA GIACCA TATTICA - Eppure, al di là del solito primo tempo gettato al vento, stavolta Mazzarri non ha certo peccato di difensivismo. Vuoi per il ritorno di una vera prima punta, vuoi per il risultato che stava maturando, a un certo punto il fautore dell'8-1-1, come qualcuno lo ha definito, non solo si è sbottonato, ma si è levato tatticamente la giacca: con l'ingresso di Alvarez per Zanetti, nell'ultima mezz'ora l'Inter aveva 5 giocatori palesemente offensivi su 11 (Milito, Palacio, Kovacic, Guarin e Alvarez), con evidenti ripercussioni sull'equilibrio difensivo ma scarsi risultati nell'area friulana. Ma se la serata è storta, c'è poco da inventarsi: in entrambi i casi, questa squadra ha dimostrato di non sapere che strada prendere. Neanche la disperazione tattica viene gradita dalla dea bendata.

L'ARTE DELLA PERSUASIONE - Tra il serio e il faceto, se con questi risultati e prestazioni Mazzarri sta cercando di persuadere Thohir ad aprire il suo portafoglio prima che sia troppo tardi, senza necessariamente attendere l'autofinanziamento, non potrebbe essere più convincente. Anche in Indonesia, nonostante l'ora tarda che potrebbe annebbiare la vista, il presidente si sarà accorto ancora una volta che questa Inter, così com'è, non andrà da nessuna parte. La palla passa alla proprietà, dunque: in questo inizio di 2014 si è visto cosa attende i nerazzurri fino a maggio. Se lo spettacolo non è gradito dall'altra parte del mondo così come in Italia, c'è solo un modo per intervenire: spendere.

COERENZA METICOLOSA - Al Friuli l'Inter ha calato il poker. Non di gol, ma di partite in cui ha tutti i diritti per recriminare. Non lamentarsi, recriminare. C'è una sottile ma percettibile differenza. Dopo Tagliavento (Napoli-Inter), Mazzoleni (Inter-Milan) e Damato (Lazio-Inter), anche Calvarese partecipa al menefreghismo anti-Inter nell'area di rigore avversaria. Quattro partite consecutive in cui ai nerazzurri manca un rigore. Non un penalty su cui si può discutere circa la reale esistenza o meno, ma episodi solari che in ogni altro campo avrebbero portato ad altre conseguenze. A questo punto a pensar male non si sbaglia e, pur rischiando di scivolare nel vittimismo, si avverte la sensazione che la coerenza di così tanti arbitri nei confronti dell'Inter nasca da disposizioni imposte dall'alto. Ipotesi inquietante, ma sarebbe ingenuo, a questo punto, credere nella coincidenza.

IL TEMPO NON FA SCONTI - Udinese-Inter poteva essere una sfida tra grandi capitani, che dopo aver dato tanto per la propria maglia a giugno lasceranno il calcio giocato. Uno però non è sceso in campo, Totò Di Natale ha visto la vittoria dei compagni seduto in panchina. L'altro, Javier Zanetti, forse avrebbe dovuto fargli compagnia, seppur a distanza. Dopo l'errore nel derby, che è costato al capitano una marea di insufficienze, Mazzarri ci ricasca e gli affida nuovamente un posto da titolare. Risultati identici, se non peggiori: Zanetti gioca un'ora in cui non offre alcun contributo alla causa nerazzurra e viene sistematicamente sovrastato dall'avversario di turno. Non essendo in regime di dopolavoro ferroviario ma di calcio professionistico, che il capitano conosce meglio di chiunque altro, forse sarebbe meglio risparmiargli certe magre figure, che macchiano un'immagine esemplare, così come ha sottolineato lo sportivissimo pubblico di Udine al momento della sostituzione. Anche da uomo spogliatoio Zanetti continuerebbe a fare la differenza. In campo non riesce più perché il tempo non fa sconti. Neanche a Superman.


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