DeLa: "Inter favorita per il titolo. Noi e la Juve..."
Fonte: Corriere dello Sport
Qual è la squadra favorita per lo scudetto? Aurelio De Laurentiis risponde così alle domande del Corriere dello Sport: "L’Inter, no? Se poi volete fare quella congiunzione che una volta si usava, Inter-Napoli (l’Internapoli era una società napoletana dei dilettanti, ndr)… ma non mi sembra sia il caso di tornare al passato. L’Inter è una squadra quadrata, con un allenatore, Mancini, che fa della cortesia, del savoir faire, dell’educazione, la sua massima cultura. Il che serve anche a dare serenità allo spogliatoio, perché alla fine tra mille dubbi nascono anche delle certezze. L’Inter è sicuramente una concorrente molto ben equilibrata, che ci darà del filo da torcere. Ma poi c’è un fatto importantissimo: l’Inter non fa le coppe e gioca solo una volta a settimana. Al massimo avrà la Coppa Italia, ma non le gare europee".
E poi?
"Abbiamo visto con quanto impeto Allegri, riapplicando le regole del buon precedente allenatore, quelle del 3-5-2, che mi sembra siano le più logiche per Marchisio e per i tre lì dietro, sia tornato in corsa. Non si può mettere la Juventus da parte nella corsa scudetto. La Roma è fortissima, nel momento in cui troverà una quadra all’interno della società probabilmente risponderà anche meglio tutto il resto. Dietro l’angolo c’è anche la sfortuna, e i giallorossi non sono stati sempre fortunatissimi. La Lazio abbiamo visto che quest’anno fa fatica, la Fiorentina è una bellissima squadra con un allenatore entusiasta di stare a Firenze. E quando c’è entusiasmo si dà sempre il massimo, come mi sembra la squadra stia facendo. Ci sono dei giocatori molto interessanti in viola, qualcuno anche di derivazione sarriana".
La Juve è della famiglia Agnelli, la Fiorentina è dei Della Valle, il Napoli ha Aurelio De Laurentiis, la Roma è americana e l’Inter indonesiana. Nel calcio è meglio che ci sia un’apertura internazionale o avere radici più solide? La dimensione del calcio è quella più globale o quella più “provinciale”?
"Non è una questione di globale o provinciale. E’ come nel cinema: l’industriale del cinema è un co-autore dell’opera realizzanda, credo che l’industria del calcio non possa prescindere da chi è a capo. Si gioca anche tre volte a settimana, le problematiche che possono sorgere sono all’ordine del minuto. Ho lasciato mio figlio fisso a Napoli perché ci vuole un occhio vigile anche per i minimi dettagli, che sono fondamentali e possono sfuggire a un impiegato, sia pure ad altissimo livello, che può ritenere alcuni problemi secondari. Ho fatto entrare nel cda del Napoli mio figlio Luigi perché ci sono molte cose da fare. Se dovessi decidere di andare avanti con lo stadio, non potrei delegare qualcuno e poi dire: “ah, abbiamo fatto questo errore”. E’ un continuo, non puoi essere assente. Non è questione di diversità, ognuno può decidere di entrare nel mondo del calcio a modo suo, dicendo “è un investimento, mi interessa, mi sono preso anche il calcio ma lo seguo attraverso un’altra modalità”. Che poi sarebbe quella di lasciare il club in mano a terzi. Quando ti riferisci a delle squadre come Roma, Inter, Napoli, Juve, Milan, ti riferisci a club che hanno alle spalle grandi città che pretendono determinati risultati. Queste città vanno conosciute e vissute, e le tifoserie vanno capite. Se io vivessi a Los Angeles e i miei figli si interessassero del Napoli, io sarei tranquillo. Ma se io avessi soltanto dei bravissimi collaboratori, come del resto alcuni presidenti hanno, non sarei tranquillissimo, proprio perché non saprei esattamente cosa sta accadendo. Gli umori che ti fanno prevedere il sereno o la tempesta, beh li devi vivere nella quotidianità".
Si aspettava di vedere Benitez in difficoltà al Real Madrid?
"E’ un uomo che conosce molto bene il calcio e lo imposta sulla base della sua esperienza inglese. Non è riuscito probabilmente a calarsi in altre realtà ambientali con la stessa capacità. Il problema degli allenatori, e lo dico in generale senza fare nomi, è che ci sono quelli che valorizzano un giocatore da 6 portandolo a 10 e quelli ai quali un giocatore da 10 sfugge di mano...".