Giampaolo: "De Boer non ha avuto tempo, qui si vuole tutto e subito. Le scorciatoie hanno le gambe corte"
Fonte: Corriere dello Sport
Marco Giampaolo, suo malgrado, è stato il carnefice di De Boer. Intervistato dal Corriere dello Sport, l'allenatore della Sampdoria spiega la sua idea sul momento Inter e sull'avventura finita male del tecnico olandese: "De Boer viene da un calcio filosofico. Dal calcio olandese si può attingere tanto. Quello è un calcio filosofico, è un calcio estetico, lì c’è una ricerca del bello unita poi al risultato. Io credo che lui probabilmente si sia confrontato invece con un calcio molto tattico, molto attento ai dati a breve. Però quella gente conosce il calcio e credo riesca a capire le dinamiche di un Paese diverso, il diverso rapporto tra qualità e risultato immediato che esiste in Olanda e in Italia. De Boer aveva bisogno di tempo, ma in Italia il tempo non c’è. Tutto e subito. Io ho sempre parlato del tempo come il mio primo alleato, non può essere il mio primo nemico perché nella costruzione di un progetto hai bisogno di tempo, hai bisogno di far capire, di insegnare. Altrimenti tutto diventa improvvisazione, tutto diventa giochiamo oggi e speriamo che vada bene. Però il calcio oggi è anche molto veloce perché è profano. Incide molto sul sacro, sulla qualità del gioco, ed essendo molto forte la pressione esterna questa velocità ha bisogno di risultati e allora scattano le scorciatoie. Però le scorciatoie hanno le gambe corte, secondo me".
Quali sono queste scorciatoie?
"Le scorciatoie sono la mancanza di programmazione, il non creare con la ponderazione necessaria le fondamenta per far sì che questa casa non venga giù. Scorciatoia è fare un allenamento didattico in meno, è sviluppare una situazione di gioco con più superficialità perché poi devi giocare e non hai il tempo di approfondire e metabolizzare il nuovo. Io invece penso, da sempre, che si debba fare il contrario. Ci vuole tempo, non fretta. Così nascono i grandi progetti, quelli che durano nel tempo, non la bruciante velocità di una fiammata, bella e breve".
Quanto è possibile per un allenatore, in Italia, impostare un progetto come quello di cui parla? Con la pressione che c’è?
"Non dico impossibile, ma difficilissimo ai nostri giorni. La classe dirigenziale che abbia quella visione di prospettiva è rara, è più frequente quella dominata dalla costante fretta di ottenere risultati. Una specie di fast football, figlio di un tempo che tutto consuma e digerisce senza assumere il senso profondo delle cose. So che per un dirigente è difficile resistere alla pressione spaventosa che c’è nel nostro paese. Ma quando lo fanno, veda anche la storia della Samp, i risultati di quella fatica si vedono. Il calcio, come tutto, è giudicato oggi solo sulla base quantitativa e dunque se mi valutano soltanto sui risultati è chiaro che se poi perdi ti mandano via. Ma se il club ha visione, progetto e approfondisce quel tipo di lavoro tecnico, tattico, psicologico, gestionale di relazioni magari può essere in grado di fare una valutazione diversa e darti più tempo. Io credo che la capacità di conoscere il calcio e non il pallone possa fare la differenza. Il pallone è per tutti, il calcio non è per tutti, il calcio è per intenditori, il pallone fa parlare tutti".