Fat&Curious - Se Thohir fosse come... Juary
Non c’è che dire: un debutto ufficiale migliore, guardandolo soprattutto dal punto di vista del tifoso, probabilmente Erick Thohir non lo poteva disegnare. Nel giorno del definitivo passaggio di consegne tanto atteso, quello in cui è stato anche proclamato nuovo presidente dell’Inter, Thohir ha voluto spiegare i suoi progetti per il futuro facendo però anche appello a due frasi e soprattutto a due riferimenti ‘pesanti’: il primo è stato la citazione delle parole di Giacinto Facchetti, di una massima in particolare: “Il segreto di ogni trionfo è la forza di ogni convinzione”. Un messaggio sicuramente importante, anche al di là della frase in sé: prendendo spunto dalle parole dell’immortale bandiera nerazzurra, Thohir ha voluto dimostrare che la storia, gli aneddoti, gli uomini che hanno fatto grande l’Inter in passato, non sono a lui ignoti. Un modo, questo, anche di smorzare definitivamente le (inutili e sterili, a mio modo di vedere) polemiche legate alla consegna all’ex stella della Nba Allen Iverson della maglia nerazzurra numero 3.
Il secondo è stato un autentico exploit: mentre illustrava l’obiettivo di rendere la squadra più forte e competitiva nel giro di due-tre anni, arriva il colpo di genio, quel coro da tifoso: ‘Chi non salta rossonero è’, detto magari in maniera un po’ asettica, ma che ha fatto sobbalzare tutti e che indubbiamente gli ha portato una marea di consensi sia tra i presenti in conferenza che gli hanno tributato un applauso, sia tra i tifosi nerazzurri. Alla fine, e non lo scopriamo certo oggi, le sue abilità di professionista della comunicazione vengono sempre fuori; abilità che comprendono anche la chiarezza nell’illustrare i suoi obiettivi per l’Inter, squadra che vuole riportare nello spazio di pochi anni tra le migliori 10 al mondo, attraverso un mix di vittorie, bel gioco e sostenibilità sul piano economico. Un progetto sicuramente ambizioso, nel quale conciliare tre elementi all’apparenza molto distanti tra loro. Per i più scettici potrebbe sembrare quasi una mission impossible, ma Thohir sembra avere la giusta determinazione a perseguire i suoi obiettivi, la stessa che lo porta a rimanere sveglio alle 2.45 per assistere alle partite e mandare messaggi di incoraggiamento alla squadra.
Parla di traguardi, Thohir, come quello della finale Champions 2016 che Giancarlo Abete ha annunciato essere stata assegnata a Milano, notizia che poi l’Uefa ha smentito affermando (forse per un pro forma?) che ancora la sede deve essere decisa. Parla di nuovi tifosi da cercare in aree strategiche anche per il suo business calcistico e non solo come l’Asia e gli Stati Uniti (anche se il mercato europeo, da questo punto di vista, potrebbe anche non essere definitivamente saturo); parla soprattutto di passione, che è la molla che guida ogni sua impresa, e promette che l’Inter sarà la sua nuova grande passione, più di quanto non lo sia stata in questi mesi di levatacce da tifoso. Parole probabilmente rituali, ma che delineano una volta ancora le voglie e le ambizioni del personaggio Erick Thohir. Ma sempre a proposito di passione, non posso fare a meno di notare che c’è stato chi, tanto e forse più del tycoon indonesiano, ha dimostrato di avere una passione incredibile per questi colori, pur avendoli vestiti per poco tempo.
Ho avuto il piacere e l’onore di essere ospite questa settimana a ‘Mondo Inter’, il talk show condotto da Roberto Scarpini su Inter Channel. In studio c’era anche un grande protagonista del calcio italiano degli anni ’80, ovvero Jorge Juary, l’attaccante portato in Italia dall’Avellino e che nella stagione 1982-83 ha militato proprio nell’Inter: un solo anno, prima di passare all’Ascoli, senza nemmeno troppe soddisfazioni dal punto di vista dei gol, ma più che sufficiente perché l’Inter facesse breccia nel cuore dell’uomo che inventò una delle esultanze ‘storiche’ mai viste su un campo di calcio, la sua danza intorno alla bandierina. Juju ha espresso il suo amore verso l’Inter colpendo soprattutto dal punto di vista umano, come ha testimoniato la commozione con la quale ha interloquito col suo allenatore all’Inter Rino Marchesi, arrivato a raccogliere l’eredità pesante di Eugenio Bersellini ed esonerato dopo solo un anno chiuso con un buon terzo posto, in favore di Gigi Radice. Ma tutti i suoi racconti legati all’Inter erano permeati di quella passione incredibile, da vero sostenitore, al punto che più di una volta mi son chiesto: “Ma siamo sicuri che all’Inter è rimasto solo un anno?”.
In fin dei conti, dai ricordi di Juary si può solo capire cosa sia l’Inter e quanto sia stata grande la fortuna per chiunque abbia giocato nell’Inter avere indossato quei colori, anche solo per un anno. Qualcuno magari in passato non lo ha voluto capire, ma ce ne faremo una ragione; adesso però è importante che anche Erick Thohir e soci, oltre a chi verrà sotto la sua gestione, possano interpretare al meglio i valori intrinseci del nome F.C. Internazionale. La strada sembra quella giusta, se un giorno Thohir dovesse parlare della sua Inter con lo stesso tono emotivo mostrato da Juary, sarebbe a cavallo…