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Vita da Monella - Il valzer dell'addio e un grazie grande come il mondo

di Alessandra Stefanelli

Ogni storia ha una fine, anche se nel momento in cui inizia nessuno riesce a immaginarsi una conclusione degna. Si è sempre portati a pensare che un qualcosa possa durare per sempre, una storia d'amore, un posto di lavoro, un'amicizia, ma alla fine anche sono anche i finali a rendere un rapporto indimenticabile, una storia degna di essere raccontata e un ricordo indelebile. Per Massimo Moratti e l'Inter è stato così. Era difficile immaginarsi una conclusione migliore per un amore che ha dato tanto a entrambi ma che ha alla lunga anche consumato entrambi. Se Massimo ha deciso di lasciare i colori nerazzurri (rimarrà comunque con un ruolo onorario, una separazione troppo netta era onestamente difficile da immaginare) lo ha fatto solo in prospettiva di un futuro migliore per l'Inter, quello che lui per svariati motivi non poteva più garantire.  

E in questo senso va anche letta la scelta di responsabilità sua e del figlio Angelomario di non accettare la presidenza, che pure Erick Thohir ha offerto loro con insistenza. Massimo Moratti ritiene, a ragione, che non sia giusto conservare una carica societaria per cui, di fatto, non è più lui a correre rischi economici e di risultati. Non era giusto, testuali parole, "rischiare sulle spalle di qualcun altro". Massimo Moratti resterà comunque a disposizione della nuova società, che per quanto capace avrà comunque bisogno di essere guidata da qualcuno che conosce il calcio italiano e soprattutto conosce l'Inter e le sue infinite contraddizioni.

Moratti lascia in mani responsabili, a un magnate come Erick Thohir che non ha in sé certamente la freddezza di un Abramovich o di un Al Mansour, non è un calcolatore né uno che vuole arricchirsi attraverso il calcio (non ne ha davvero bisogno...), non è uno che vuole arrivare ai trionfi attraverso le spese folli bensì attraverso la programmazione, il merchandising, l'aumento dei profitti, l'autofinanziamento. Ma è uno che non dimentica il ruolo della passione nel lavoro che si fa. Lo aveva specificato nell'intervista concessa a Sky, lo ha ribadito ieri: per lui lavorare è essenzialmente una questione di cuore, di passione. La stessa passione che non gli fa sentire la fatica, che lo spinge a svegliarsi nel cuore della notte per inviare sms a Moratti e informarsi sull'esito delle partite, magari guardarle come fatto contro il Torino.

Insomma, alla fine la sensazione è che non ci fossero davvero mani migliori in cui Moratti potesse lasciare la propria creatura, la ragazzina cresciuta e coccolata per 18 anni. Come solo i veri uomini sanno fare, Massimo ha capito quando era il momento di farsi da parte, di cedere il passo, di passare il testimone a chi ha i mezzi e le idee per permettere il definitivo salto di qualità. Che non sarà improvviso ma arriverà gradualmente, tramite il lavoro e la programmazione. Massimo resta in disparte e a lui tutto il mondo Inter non può fare altro che tributare un grande grosso quanto l'uomo che è, quanto la bacheca che lo ha reso il presidente più vincente della storia dell'Inter.


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