Adani: "Francia favorita, ma preghiamo il dio del calcio perché metta una mano su Messi"
"Da due anni, da quando è morto, non c’è giorno che io non pensi a Diego Armando Maradona". Lo dice Daniele Adani, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera. Adani, i cui commenti di pura esaltazione davanti alle giocate di Lionel Messi sono stati all'ordine del giorno durante questi Mondiali, non recrimina per non poter commentare Argentina-Francia ("Mi hanno insegnato che quando il mister ti manda in panchina non si chiede mai perché"), parla di calcio in tv ma ripercorre anche il suo passato da calciatore, ricordando il giocatore più forte mai incontrato: "Ronaldo Luis Nazario da Lima: faceva cose che non si erano mai viste fare a nessuno. Poi Gabriel Omar Batistuta. L’ho incontrato qui l’altro giorno, in un parcheggio. Ci siamo abbracciati. Aveva le caviglie a pezzi. Ora sta meglio, ha ripreso a camminare. Il calcio è anche sofferenza".
Lei aveva iniziato ad allenare.
"Roberto Mancini mi chiese di fargli da vice all’Inter. Ma lavoravo già a Sky, e avevo dato la mia parola. Perché poi è finita? Non lo so. Non me l’hanno mai spiegato. Il rapporto prima si è raffreddato, poi si è interrotto".
Come nasce la sua passione per i calciatori sudamericani?
"Ho sempre legato molto con loro. Lunghe serate in ritiro a parlare e a bere mate: Hernan Crespo, El Pupi Zanetti, El Chino Recoba, Carlos Gamarra… Ma l’amico più caro divenne Matias Almeyda: un hermano, un fratello. Andai a trovarlo a Buenos Aires, e scoprii il River. Di notte non dormivo: guardavo il campionato argentino, quello uruguagio, la Copa Libertadores, la Copa America... Lì ho capito cos’è la garra charrua".
La sua passione è l’Uruguay.
"È una delle due grandi passioni della mia vita, l'altra è Mohammed Alì. Sono andato a piangere sulla sua tomba. Perché l'Uruguay? Perché è il miracolo del calcio. Tre milioni di abitanti, due Mondiali, due Olimpiadi, quindici Coppe America, quasi il doppio del Brasile. L’uruguagio dà il meglio quando è debole, sopraffatto, soverchiato. L’uruguagio è l’uomo a terra che si rialza. Tutti abbiamo dentro una scintilla del suo spirito. Quando la notte non riesco a dormire, penso al Capitan Obulio Varela, uno degli eroi del Mondiale del 1950; lo vedo al Maracanà…".
Perché ce l’ha tanto con Allegri?
"Non ce l’ho con Allegri. Per due volte ho interagito con lui, per due volte si è tolto l’auricolare e se n’è andato".
Cosa gli rimprovera?
"Non si è evoluto. Lo farà, ne sono certo. Per ora, non mi piace come gioca e non mi piace come parla. Corto muso… Allegri non ha capito che il calcio contemporaneo deve dare emozioni".
Pronostico per la finale?
"La favorita è la Francia: 55 a 45. Ma preghiamo il dio del calcio perché ponga una mano sulla testa di Leo Messi".