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Bengtsson: "Oggi il calcio per me è relax. I club curino la salute mentale dei giocatori"

di Christian Liotta

Il sogno di diventare un calciatore trasformatosi in un incubo, al punto da arrivare alla depressione e al tentativo di suicidio. La storia di Martin Bengtsson, il ragazzo passato nelle giovanili dell'Inter che ha lasciato il calcio a soli 19 anni, è anche un film, 'Tigers', che uscirà nel Regno Unito a breve. Intervistato da Sky Sports, Bengtsson racconta le sue sensazioni: "Avevo il sogno di giocare a San Siro da quando avevo cinque anni. Sono stato molto deciso sul fatto che questo fosse il mio obiettivo. Mi sono esercitato per ore ogni giorno per raggiungerlo. Quando sono arrivato lì, mi sono avvicinato così tanto ma quando l'ho raggiunto, è successo qualcosa. Quando ho visto cos'era nella realtà, la magia è semplicemente scomparsa. La gioia del calcio era cercare di arrivare in Italia. La parte tragica è che ci sono andato molto vicino e ho capito che non faceva per me".

Il titolo del film è legato ad un'analogia: "Immaginate una tigre chiusa per 20 anni in uno zoo da gente che avrebbe deciso cosa doveva fare e cosa mangiare, con gente che paga per fissarti tutto il giorno. Quello è stato il momento più difficile: non avere la libertà di andare in un ristorante e avere la sensazione di essere solo proprietà di qualcun altro. È stato difficile. Poi ho provato vergogna per non essere abbastanza forte per andare avanti. Non volevo dimostrare di essere debole. Non volevo dire che non potevo andare avanti. Avrei preferito morire". Ma che lezione c'è da imparare dalla sua storia? "Mi chiedono spesso quale sia il mio consiglio ai giovani giocatori in questi giorni, come se dovesse spettare al singolo fare qualcosa. Sono i club e le organizzazioni calcistiche che devono concentrarsi sulla salute mentale dei giocatori. Non puoi semplicemente incoraggiare i giocatori a vivere in questa bolla calcistica. C'è una vita dopo. Devi vederlo. Anche se sei un calciatore guadagni molti soldi, devi crescere come persona. Penso che sia una responsabilità anche per i club capirlo. Questa vecchia idea di sopravvivenza del più adatto non fa emergere i migliori interpreti. Se un giocatore si sente bene con se stesso ed è sicuro nel suo ambiente, sarà un giocatore migliore". Il calcio, comunque, non è sparito dalla vita di Bengtsson, oggi 36enne: "Lo uso molto nella mia vita di tutti i giorni. È uno strumento di relax e divertimento".


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