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Casarin: "Uniformità di giudizio? Gli arbitri hanno una sola via. E non è la tv che ti insegna"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Gazzetta dello Sport

L'ex arbitro Paolo Casarin, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, parla del momento delicato proprio a livello arbitrale. "L’uniformità di giudizio? È difficile, non impossibile. La verità è che c’è un numero consistente di falli racchiusi in una zona grigia all’interno della quale gli arbitri devono studiare per crescere. Solo così si può migliorare", dice.

Casarin, succede che tifosi, addetti ai lavori o ex arbitri abbiano opinioni diverse su un fallo di gioco. Il problema è che tutto questo capita anche a chi va in campo, agli arbitri.
"Nella fascia dal 1990 al 1997 si fischiava una media di 46 falli: gli arbitri di allora incutevano terrore, non fiatavi, la media era quella. Oggi si è abbassata, si dice perché si deve giocare più all’europea. Cosa voglio dire: che dentro il totale di una partita, oltre alle situazioni assolutamente chiare c’è pure un numero consistente di falli da studiare, una zona grigia sulla quale gli arbitri devono approfondire, studiare. Solo questa via può far trovare l’uniformità".

Sarebbe favorevole a una battaglia possibile in futuro, ovvero che il Var possa intervenire anche sul secondo giallo?
"Potrebbe essere, sì. La cosa da non dimenticare è però che sì, il Var è importante se coniuga alla perfezione l’arbitro in campo e il video che fotografa la realtà con l’occhio arbitrale. Massimiliano Irrati, in questo, è il migliore: è stato un bravissimo arbitro che sa come usare lo strumento proprio in base al suo curriculum da campo. Perché è lì che si impara il mestiere...".

Ma siamo sempre lì: c’è chi dice giallo e chi no, chi dice rigore e chi no, chi lo vede rosso e chi no.
"Ripeto: l’uniformità è difficile ma non impossibile. A parte Orsato, è pieno di ragazzi che devono crescere e migliorare. E per crescere e migliorare serve studiare. Per quanto siano bravi però non sono maghi: devono conquistare esperienza e per farlo devono studiare. Sa qual è il vero dramma di un arbitro? È che non può rivedere. Oggi sì. Tutto ciò che è punibile deve essere visto. Nulla deve restare impunito. Anche da due persone. Ma senza che nessuno si offenda, non è la tv che ti insegna ad arbitrare. È il campo. Ed è solo lì che si cresce".


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