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Cinque arresti per gli scontri di Marassi: sono ultras genoani, già noti alle Forze dell'Ordine

di Christian Liotta
Fonte: Genovaquotidiana.com

Sono stati effettuati cinque arresti in flagranza differita per i disordini scoppiati prima di Genoa–Inter di domenica scorsa. Nella prima mattina di oggi la DIGOS della Questura di Genova, con il coordinamento della Procura della Repubblica e in raccordo con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, ha eseguito i provvedimenti nei confronti di soggetti appartenenti a frange ultras del tifo genoano, ritenuti responsabili delle azioni violente avvenute nelle ore precedenti la partita di Marassi. Determinante, secondo quanto riferito dalla Questura di Genova, l’incrocio di più fonti: “l’analisi delle immagini di videosorveglianza cittadina e dell’impianto sportivo”, oltre alla “documentazione prodotta dalla Polizia Scientifica”, elementi che hanno “supportato e confermato la conoscenza delle dinamiche e dei soggetti del mondo ultras” da parte degli investigatori.

I cinque arrestati sono tutti italiani e residenti in zona, con un’età compresa tra i 23 e i 47 anni. Uno di loro, viene specificato, “è stato in passato sottoposto a misura di sorveglianza speciale ed è attualmente gravato da avviso orale del Questore”; un altro “è attualmente gravato da un DASPO Urbano”. Gli altri risultano “a vario titolo, già noti per reati contro la persona, contro il patrimonio e contro la pubblica amministrazione”. Le accuse contestate riguardano travisamento con uso di caschi o cappucci, resistenza a pubblico ufficiale aggravata e in concorso, violazioni della normativa in materia di manifestazioni sportive e danneggiamento aggravato. In particolare, le indagini avrebbero “immortalato in modo inequivocabile” uno degli arrestati mentre “impugnava e scagliava con forza un cartello di segnaletica stradale in metallo pesante contro la Forza Pubblica”, schierata a protezione del settore ospiti e posizionata tra le due tifoserie. Gli altri quattro, invece, sarebbero stati documentati mentre “brandivano aste, bastoni e cinghie”, utilizzate per colpire gli operatori. I fermati sono stati tradotti in due carceri, a Genova ed Alessandria. 


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