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Condò: "Comunque vada, che le italiane restassero in ballo fino al 10 giugno era oggettivamente impensabile"

di Stefano Bertocchi

"Il luogo comune più citato in questi giorni è che nella partita secca possa succedere qualsiasi cosa. C’è ovviamente del vero, come in tutti i luoghi comuni, ma è più analitico parlare della pericolosità strutturale di una squadra inferiore nei confronti di una superiore". È questo uno dei concetti estrapolati dal pezzo scritto da Paolo Condò sulle colonne di Repubblica nel giorno della finale di Champions League tra Manchester City e Inter. 

"Per intenderci (con i più vissuti): si dice sempre che Italia-Brasile 3-2 dell’82 fu un colpaccio perché su dieci partite quel Brasile pazzesco ne avrebbe vinte nove, ma Dino Zoff — decisamente non l’ultimo arrivato — ha sempre sostenuto il contrario, ovvero che quell’Italia possedesse una serie di talenti e combinazioni (l’immarcabile Bruno Conti, per esempio, oltre all’ispirazione offensiva di Pablito) che l’avrebbero resa letale per quel Brasile almeno la metà delle dieci volte - prosegue il giornalista -. In questo senso l’Inter ha molti uomini giusti o almeno nelle giuste situazioni, dalla verticale Bastoni-Barella al senso di Lautaro per il gol pesante, dal gioco con i piedi di Onana — che Pep marcherà da vicino, e per farlo scoprirà lo spazio oltre la prima linea del pressing — alle scorribande di Dimarco".

La chiosa riguarda invece il calcio italiano più in generale. "Beffato più che battuto nelle altre due finali di coppa, il nostro calcio mette sul tavolo l’ultimo asso, decisamente non quello di denari vista la rivale. Comunque vada, che le italiane restassero in ballo fino al 10 giugno era oggettivamente impensabile. Lo step del prossimo anno, eredità di questi risultati, sarà pensarlo con convinzione".


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