Condò: "Super League? Forse occorrerebbe allargare le Coppe a più squadre per Paese"
"La Champions League è un torneo magnifico, e nella sua ombra l’Europa League è cresciuta fino ad aggiungere altre serate divertenti al menu settimanale. Ci sono margini di miglioramento ulteriore? Probabilmente sì. Ma non nella direzione sposata da dodici società fra le quali Juventus, Inter e Milan". Con questo preambolo, Paolo Condò commenta la notizia della nascita della Super League dalle colonne de La Repubblica. Esprimendo poi tutto il suo scetticismo: "La Superlega chiusa, riservata a 15 club fondatori fissi e altri cinque cooptati di volta in volta, cancella la qualificazione sul campo — e dunque il fondamentale concetto di merito — come requisito di partecipazione per tutti. Un vulnus inaccettabile. Considerata la quantità di denaro fiabesca che è stata promessa agli scissionisti, sotto forma di bonus all’ingresso e poi di premi annuali, la piramide del calcio mondiale, già oggi molto ripida, diventerebbe una parete verticale senza appigli: niente più Atalanta, per dire dell’esempio più vicino (due qualificazioni consecutive alla fase a eliminazione diretta della Champions), ma nemmeno Roma, Lazio, Napoli. Oppure Ajax, Porto, Marsiglia, Psv, Benfica: tutti club che la coppa con le grandi orecchie l’hanno vinta, alcuni più volte".
Secondo Condò, la soluzione plausibile sarebbe un'altra: "In tempi di crisi — il Covid è stato una bomba sulle macerie — occorrerebbe piuttosto razionalizzare i costi, introdurre qualche formula di salary cap, trasformare il Fair play finanziario (peraltro in fase di liquidazione) in un obbligo a redistribuire fra gli altri partecipanti il denaro speso oltre i limiti concordati (luxury tax). Questa sarebbe una sensata applicazione di alcune regole dello sport americano, non una secessione promossa ovviamente da Real Madrid e Barcellona, i cui deficit — specie quello catalano — hanno assunto dimensioni abnormi. (...). Il comandamento di base, però, resta allargare e non restringere: allargare la Champions ad altri campioni nazionali, e allargare le coppe a un maggior numero di squadre per Paese. Le partite perdute sul teatro interno potrebbero tornare su scala internazionale aumentando i gironi di Europa League e del nuovo torneo in arrivo, la Conference League, fino a comprendere dieci e non più sette squadre italiane. . Basterebbe qualificare alla fase a eliminazione diretta soltanto la prima di ogni girone. In cambio, ai grandi club terrorizzati di mancare un anno la Champions si potrebbero garantire due wild card come nel tennis, legate a un ranking Uefa “storico” e non replicabili se non a distanza di qualche anno".
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