Garlando (GdS): "Caos Icardi, scoraggiante che il club sia intervenuto dopo il comunicato della Curva"
"Probabilmente oggi l’Inter comunicherà a Mauro Icardi che non sarà più il capitano dell’Inter. Per un po’, almeno. Una sospensione alla De Rossi". Questo l'incipit del pezzo che il giornalista Luigi Garlando ha espresso sulle pagine della Gazzetta dello Sport dopo i noti fatti andati in scena nelle ultime ore tra la Curva Nord e Icardi. .La società gli rimprovera la ricostruzione dello scontro con alcuni ultrà dopo Sassuolo-Inter del febbraio 2015, pubblicato nell’autobiografia «Sempre avanti». Davanti all’ipotesi di una spedizione punitiva, Icardi rispose: «Porto cento criminali dall’Argentina che li ammazzano sul posto». Secondo l’Inter, Maurito ha dato anche una versione distorta dell’accaduto: non è vero per esempio che quando rientrò in spogliatoio venne «acclamato come un idolo dai compagni». Per l’Inter non ci piove: non può restare capitano chi minaccia sicari contro i propri tifosi e chi usa i propri compagni, per fini personali, in modo tarocco. Lo stesso Icardi ieri ha riconosciuto l’errore della «sparata», si è scusato con un comunicato conciliante, ha provato a contestualizzare. In effetti anche ad altre biografie, tipo Ibra, va fatta la tara di un certo bullismo dialettico. Lo richiede il genere che è caricatura più che ritratto. Però ha violato le regole di convivenza del club, ne ha danneggiato l’immagine, con l’aggravante di essere il capitano, cioè il primo collante dell’armonia della squadra. Giusto che venga punito. Ok, non ci piove. Ma la fascia è un altro discorso. Il vicepresidente Zanetti, che con tempismo peggiore di Icardi ne ha parlato a pochi minuti da Inter-Cagliari, ha motivato i provvedimenti in arrivo con la necessità di «rispettare i tifosi che sono la cosa più importante». Quali tifosi? Gli ultrà che hanno steso insulti in curva e hanno chiesto che il capitano venga degradato? E’ questa porzione di tifo che rappresenta per intero i sentimenti e i valori dell’interismo? Ieri la maggior parte di San Siro stava con Icardi e lo ha consolato dopo il rigore sbagliato. Forse, pur rimproverandogli lo scivolone del libro, continuano ad identificarsi nel ragazzo che si è legato all’Inter cinese (ben remunerato, certo), rinunciando a contesti tecnici superiori; nel centravanti che da anni prende botte e segna ceste di gol con le briciole che gli arrivano; nel ragazzo che, malgrado ciò che pensino Mascherano e Messi, vive da padre di famiglia e non in discoteca; nel ragazzo che ha battuto la SuperJuve. Ci pensino i dirigenti interisti al vertice di oggi alla Pinetina. Pensino se sia il caso di considerare soltanto la volontà di chi fa più rumore e più paura. Ieri Icardi ha tirato un rigore a un capitano degradato per volontà dei suoi ultrà, Storari. Abbiamo visto calciatori nudi e spaventati consegnare casacche ben piegate alla curva che le reclamava. E’ il calcio che vogliamo? Per muoversi e intercettare l’ingenuità letteraria di Mauro serviva una più accorta opera di intelligence societaria, che nei grandi club di solito funziona. Farlo dopo un comunicato della curva è scoraggiante. La domanda vera doveva essere fatta in estate: Icardi è uno che spacca più che unire, come sostengono in Argentina? Ha l’età, l’esperienza, l’anima per essere ciò che è stato Facchetti? Perché una fascia di capitano non potrà mai essere un bonus in più, un semplice premio per la firma su un contratto. Se quest’estate i dirigenti dell’Inter hanno risposto sì, Mauro Icardi è il nostro degno capitano, allora oggi alla Pinetina ci pensino cento volte prima di togliergli quella fascia. Sarebbe un po’ come auto-degradarsi e degradare migliaia di interisti silenziosi. Uno striscione di gratitudine in curva vale tanto? Intanto la maglietta del capitano del Milan, Montolivo, è stata sventolata dai compagni che hanno espugnato il Bentegodi e issato il Milan al secondo posto, dove respira aria antica. E sabato aspetta la Juve per tarare la propria crescita e le proprie ambizioni. A San Siro, dove Allegri crollò per mano di Icardi, l’angelo caduto all’inferno.