Garlando: "Inzaghi come 'un Mazzarri'. Guarin era terrorizzato, ora può essere il Pogba dell'Inter"
Fonte: Gazzetta dello Sport
"I due punti di distanza non rendono l’idea. Ieri Milano si è ufficialmente spaccata in due. Da una parte il Milan, un volgo disperso e senza guida, da coro dell’Adelchi, fatto prigioniero dall’Empoli; dall’altra l’Inter che, nella città del Colleoni, ha confermato di rispondere sempre di più alla mano ferma del suo condottiero: Roberto Mancini". Lo scrive Luigi Garlando sulla Gazzetta dello Sport. Il paragone tra le due milanesi viene approfondito. "Oggi si gioca la finale del Viareggio. L’edizione scorsa la vinse la Primavera di Inzaghi che tornò a Milano e cenò con la coppa sul tavolo, fiero e ricco di prospettive. Galliani, accanto a lui, se lo godeva con orgoglio paterno e, mesi dopo, ha fatto ciò che farebbe qualsiasi padre: gli ha procurato il meglio, cioè la panchina del Milan. E invece il meglio, forse, sarebbe stato fargli proseguire il cammino di addestramento e non farlo volare subito vicino al sole, che scotta. A parte questo, Pippo ha poderosi alibi: una squadra costruita quasi solo davanti, senza badare alle lacune profonde in difesa e in mediana; i tanti infortuni; i tributi al fisiologico rodaggio tattico. Tutto vero. Ma il Milan è andato squagliandosi nel tempo invece che migliorare. La squadra corta e organizzata che ha sconfitto il Napoli e imbrigliato la Roma è sparita di colpo. Inzaghi ha dimostrato fin dall’inizio buoni principi di gioco, ma un conto è stendere in campo uno schema, un conto è coltivarlo in settimana con le esercitazioni giuste, con le modifiche millimetriche per mettere a punto i meccanismi delle transizioni e del palleggio. E’ un lavoro da orefice che s’impara nel tempo stando a lungo a bottega. Ieri l’Empoli ha sfiorato il 60% di possesso, Destro ha ricevuto pochissimi palloni. Significa che il Milan fatica a recuperare palla e quando ce l’ha non sa cosa farne. L’esplosione di Niang non è casuale: ora gioca in una squadra organizzata. Il dominio dell’Empoli e di Sarri, uno dei migliori artigiani su piazza, fatto ricco da lunga gavetta, è stato traumatico per il popolo rossonero, che ha fischiato anche di paura. Raramente San Siro è stato profanato così da una piccola. Pippo, aggrappato eternamente a Menez e assistito da uno staff abbondante, è parso sempre meno sicuro di sè. Ieri è uscito contestato e sofferente come un Mazzarri. E, come a WM, i social non gli hanno perdonato le dichiarazioni del dopo match: «Diego Lopez ha rischiato poco». Come il pugile finito k.o. che rivendica: «Però gli ho morsicato le caviglie». Si cresce anche attraverso momenti così duri. Pippo ha stoffa e passione: diventerà un grande. Però è lecito chiedersi se per il bene suo e del Milan resti ancora la scelta migliore proseguire insieme.
Un anno fa Guarin, terrorizzato dalle paure e dalla sfiducia che gli trasmetteva Mazzarri, s’inventò lo sciagurato retropassaggio di Livorno. Ieri Guarin ha firmato due gol, un assist e si è procurato un rigore. Sereno, perfino ordinato tatticamente. Una prova da dominatore finalmente in linea con le sue enormi potenzialità. Non gli manca nulla per diventare il Pogba dell’Inter. Mazzarri che lo considerava meno di Gargano e lo scambiava con Vucinic non lo sapeva. Mancini sì. Guarin è il miglior biglietto da visita della rivoluzione gentile del Mancio che ha piantato piedi buoni nelle zolle seviziate da M’Vila; che in fascia ha sostituito i cavalloni da tiro con giocolieri offensivi; che non riparte soltanto ma fa un possesso del 71%. Mancini ha tutte le conoscenze di bottega, il passaggio in Premier gli ha smussato il carattere rendendolo ancora più persuasivo. L’Inter pressa alto e segue il suo Colleoni, sempre più sicura di sè e convinta della nuova via. Con l’umile WM giocava a sopravvivere, ora sente che sta allenandosi per tornare a vincere".