Giampaolo: "Napoli e Juve per lo scudetto, io vorrei allenare l'Inter. Il Var? Strumento di giustizia sociale"
Fonte: Repubblica
Marco Giampaolo conferma una volta di più di avere un cuore nerazzurro e lo fa nell'intervista a Repubblica: "Perché non sono mai stato chiamato da una grande squadra? Non me lo sono mai chiesto. Io credo si debba essere felici in un contesto. Significa poter lavorare senza ingerenze esterne, in un club che non fa pressioni, trasmettendo le tue idee - dice l'allenatore della Samp -. Puoi indossare un bell'abito e poi trovarlo scomodo: devi sempre provarlo prima. La Juve è stata un'opportunità, non un rimpianto. Mi sarei trovato bene, male? Come sarebbe stato l'abito? Io guardo sempre avanti, con realismo. Da bambino ero interista, un giorno all'Inter mi piacerebbe arrivare. Poi una scuola a calcio a casa mia, a Giulianova. E a sessant'anni mi prendo il quadro, vi lascio la cornice".
Sulla lotta scudetto, Giampaolo dice: "Il Napoli sovrasta quasi sempre: è riduttivo sostenere che gioca il calcio migliore d'Italia, è fra i più belli d'Europa. La ricetta è facile: l'allenatore mette sul campo le sue idee, che diventano vincenti grazie alla qualità dei giocatori. Sarri è riuscito a creare un idillio che porta ad essere il Napoli la macchina perfetta che è. I meriti non sono mai di una sola persona. Vincerà lo scudetto? Potrebbe, ma attenzione: la Juve ne ha vinti sei di fila, mette il contachilometri a seconda delle partite, in alcune viaggia a 100, in altre a 60. Il Napoli invece ha bisogno di andare sempre a tavoletta e questo alla lunga può mandarlo fuori giri. È l'alternativa più pericolosa al la Juve, la farà sudare. Come terzo incomodo metto la Roma. Poi Lazio, mi piace molto, e dopo ancora Inter e Milan".
Sulla Samp e sul Var, il tecnico abruzzese spiega: "Qui alla Samp ho libertà assoluta, sul campo sono il padrone. Mai un condizionamento, l'ambiente ad hoc per lavorare e realizzarmi. Sennò io divento un animale nel recinto che deve scavalcare. O lo salto con la rincorsa o lo butto giù. Il merito principale è del club, nella sua capacità di programmare. Saper anticipare le cessioni, Muriel, e gli imprevisti, Schick e Skriniar. L'allenatore deve avere coraggio nel lanciare i giovani, migliorare le qualità di tutti e avere una fortuna: trovare giocatori con forti motivazioni e grandi ambizioni. Io posso dare gli input, ma l'interlocutore deve essere ricettivo. Altrimenti sono parole al vento. Il Var? Uno strumento di giustizia sociale. La scoperta del secolo calcistico. L'antidoto alla cosiddetta sudditanza psicologica degli arbitri, che ora sono più sereni. Meno errori, classifica più vicina alla realtà. L’attesa prima di festeggiare un gol? Ci abitueremo".