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Gravina: "Bisogna prepararsi a cambiare. Si è rischiato di trasformare tutto in una giungla"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Corriere dello Sport

Lunga intervista del Corsport a Gabriele Gravina, in un momento particolarmente delicato per la politica del pallone italiano. Ecco le parole del presidente della Federcalcio.  

Innanzitutto: si ricandida o molla, insiste o saluta la compagnia?
"Scioglierò la riserva tra qualche giorno, ma non deciderò da solo". 
 
E con chi lo farà? 
"Con le componenti del calcio italiano. Un federatore non può autocandidarsi, se non verifica il consenso attorno alla sua capacità di rappresentare una guida per il movimento". 
 
Il plebiscito sulle modifiche allo statuto, ottenuto in assemblea federale, non può bastare, giusto? 
"È un segnale importante, che ho molto apprezzato. Ma riguardava le regole. Adesso la verifica si sposta sulla leadership". 
 
La Serie A si è sfilata per i due terzi dall’opposizione del presidente Casini… 
"Quelle astensioni provano che la maggior parte delle società ha compreso lo sforzo fatto per valorizzare il peso della Lega di A, e quindi è una presa di distanza rispetto a chi ha tentato di forzare la mano, in un’ottica non costruttiva ma esclusivamente oppositiva". 
 
Il calcio italiano le rivoluzioni non le prevede, non sa gestirle. 
"C’è da prepararsi a cambiare diventando al tempo stesso più autonomi e più responsabili". 
 
Sia più chiaro. 
"Vuol dire per esempio che l’autonomia delle Leghe nell’organizzare i campionati diventa piena e non più demandata dalla Figc. Ogni Lega potrà inserire playoff e playout senza dover dare conto alle altre Leghe e alla Federazione". 
 
E se invece cambia il numero di retrocessioni e promozioni? 
"Deve raggiungere un’intesa con la Lega o le Leghe su cui la decisione impatta, e poi il Consiglio federale delibera con la maggioranza dei tre-quarti, sentito il parere delle componenti tecniche". 
 
Quindi decide la Federcalcio? 
"Di cui, però, fanno parte le Leghe. Nessuno può cambiare i campionati da solo. Perché, per fare un esempio, se la serie A passasse a 18 squadre, dovrebbe farne salire tre dalla B e retrocederne cinque. Ma la B si troverebbe con 22 squadre. E dovrebbe a sua volta scaricarle sulla C. Un’intesa è necessaria". 
 
Mulé avvisa che potrebbe rendersi necessario un ulteriore intervento legislativo per definire d’autorità autonomia e rappresentanza. 
"Sono convinto che l’onorevole saprà riconsiderare queste parole e sottrarsi alle pressioni di chi vuole distruggere un sistema, un’economia, un mondo, per interessi personali. Questa riforma è il frutto di un percorso di ascolto, di condivisione e di confronto aperto, che ci ha portato anche a cambiare alcuni punti e a migliorare il testo finale. Difende l’autonomia dello sport come un valore irrinunciabile della comunità e ha una saggezza politica che la buona politica deve saper ascoltare. Magari impegnandosi alle reali necessità del calcio. Penso alla Tax credit, a una percentuale sulle scommesse da investire in vivai e impianti, al pieno adeguamento della legislazione sull’apprendistato e a una semplificazione burocratica per la realizzazione e l’ammodernamento degli stadi. Questo è l’aiuto che la politica può darci". 
 
A cosa allude quando parla di interessi personali? Al dossier contro di lei su cui indaga la procura di Perugia? 
"Alludo a un modo di fare politica federale fuori da qualunque codice di fair play. Dove l’avversario può diventare bersaglio di infamie, anche con la complicità di alcuni operatori della comunicazione. Si è rischiato di trasformare la nostra comunità in una giungla del sospetto e dei veleni... La magistratura farà piena luce, ma restano l’amarezza e la necessità di vigilare. Perché ciò che abbiamo visto e subìto non accada mai più". 


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