Gravina: "Si sta lavorando aritmeticamente e il calcio italiano non ha bisogno di numeri, ma di risolvere i problemi"
"È stata occasione gradita per poter comunicare al Consiglio Federale la volontà che avevo già espresso in occasione dell’incontro di lunedì scorso, ovvero dare attuazione nell’ambito del rispetto delle norme statutarie la possibilità di sconvocare l’assemblea elettiva e aggiornarci con un nuovo regolamento elettorale e su questo il consiglio ha preso atto". Questo il primo commento di Gabriele Gravina, presidente della FIGC, in conferenza stampa a margine del Consiglio Federale odierno a Roma.
Ai fini di una sua eventuale ricandidatura, cosa cambiano questi due mesi di spostamento?
"Non cambia nulla, nella maniera più assoluta, a me interessa che si seguano principi di politica sportiva. In parte lo chiede la nostra istituzione, in parte lo chiede la socializzazione in termini di paese. È giusto che ci sia una verifica nella governance della Federazione, lo chiede la politica ed è chiaro ciò che chiede. Rispetteremo il primo incipit dell’emendamento Mulé, ovvero nel rispetto nelle norme sportive. Per me non cambia nulla, quello che ho detto dal primo momento rimane. La mia riserva si scioglierà quando si chiuderanno dei cicli e le nuove regole del gioco".
Parla di crocevia per il calcio italiano, lo è solo a livello regolamentare o è un concetto più profondo?
"Ho la netta sensazione che si stia lavorando a livello aritmetico, molto a livello geometrico, si tracciano traiettorie per capire se è rilevante un peso politico e credo che questo sia un approccio superficiale rispetto alle reali esigenze del mondo del calcio. Sto lavorando su qualcosa di molto più profondo e dopo la pausa estiva dove recupereremo tutti le energie affronteremo questi temi con grande decisione. Non vedo tensioni nella nuova configurazione numerica, lo dico con la massima serenità, qualcosa non dipenderà solo dalla nostra volontà ma anche da blocchi legislativi, su tutti la legge Melandri. Il calcio italiano non ha bisogno di numeri ma della disponibilità a risolvere i problemi principali. Non è sufficiente ciò che può fare il presidente federale e il consiglio, alcune componenti devono capire che quando si fa parte di un insieme e un collettivo bisogna dare un contributo".