Il DL Cultura abroga il divieto di pubblicità indiretta del betting: "Provvedimento per aiutare i club calcistici"
Nella giornata di ieri, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha approvato un decreto legge relativo a misure urgenti in materia di cultura. Il DL introduce misure volte a favorire e promuovere la cultura e la lettura e apporta molteplici novità, tra cui la modifica del decreto dignità relativamente alle pubblicità indiretta di giochi e scommesse. Il comma 4 modifica infatti l’art. 9, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, in materia di divieto di pubblicità giochi e scommesse. L’intervento normativo, si legge su PressGiochi, si rende necessario e urgente per effettuare un “riordino” del divieto, escludendo dal campo applicativo la pubblicità indiretta, al fine di permettere una migliore interpretazione della disciplina del gioco lecito, oggetto di concessioni pubbliche e che, in quanto tale, produce anche effetti positivi per la finanza pubblica.
L’abrogazione del divieto di pubblicità indiretta, inoltre e su altro piano, consentirebbe di “redistribuire” il volume economico incrementale generato nell’ambito della filiera, anche in favore dei soggetti diversi dai concessionari del gioco lecito, attualmente principali beneficiari dell’indotto economico. Con riguardo all’industria del calcio, rispetto alla quale si concentrano i maggiori volumi di scommesse, la soppressione del divieto a forme di pubblicità indiretta potrebbe consentire di arginare le ripercussioni economiche negative sulle società sportive, causate dalla decurtazione degli introiti derivanti dagli accordi di sponsorizzazione, con effetti evidenti anche a livello europeo, dove le società sportive nazionali sono poste in una situazione di ingiustificato svantaggio competitivo (in confronto al mercato estero il betting è il settore merceologico che incide in maniera più significativa – circa il 14% nel 2020 – con riguardo alla categoria di sponsor di maglia rappresentate dalle prime 10 leghe europee).
Simili ricadute non favorevoli in termini economici — sia assoluti sia di competitività delle imprese italiane — sì verificano, peraltro, anche in altri settori economici, come quello audiovisivo e dell’editoria quotidiana e periodica.
Con particolare riguardo all’industria sportiva, ripristinando la legalità di forme di pubblicità indiretta — come la presenza di banner e cartellonistica negli impianti — si potrebbe perciò garantire una più equa redistribuzione del volume economico generato nell’ambito della filiera, soprattutto in favore del soggetto organizzatore, che investe nell’evento e dovrebbe poter beneficiare da tutte le “ramificazioni” della catena del valore della filiera.
Simili forme di pubblicità indiretta, del resto, non avrebbero di per sé l’effetto di promuovere il gioco d’azzardo in sé, piuttosto quello di garantire il più efficace dispiegarsi delle dinamiche competitive tra gli operatori concessionari del gioco lecito, mediante iniziative promozionali che garantiscano il miglior posizionamento di mercato e/o la valorizzazione dei singoli marchi. Sul piano concorrenziale, infatti, il divieto generalizzato di fare pubblicità potrebbe provocare distorsioni delle normali dinamiche competitive precludendo di fatto l’accesso al mercato di nuove società — ancorché legittimate a operare sul mercato in forza di titolo concessorio — che non riuscirebbero a competere con quelle con una posizione di mercato più consolidata.