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Irrati e il Var: "All'inizio per noi arbitri era la 'moviola di Biscardi', ci sembrò una provocazione"

di Mattia Zangari

L'introduzione del VAR nel calcio non è stato accolto con grande favore dalla classe arbitrale italiana. A raccontarlo è Massimiliano Irrati, il miglior varista del mondo, come da etichetta che si è guadagnato ai Mondiali russi del 2018: "Ci sono state resistenze, sì - ha ammesso in un'intervista esclusiva a La Repubblica -. L’impatto è stato molto forte. La prima volta che venne Rosetti a Coverciano a parlarci del Var la ricordo bene: aveva partecipato a un seminario ad Amsterdam su questa idea. Sarà stato forse il 2015. Lo guardammo come a dire 'questo è pazzo'. Non riuscivamo a capire: per noi era la moviola di Biscardi, ci sembrava quasi una provocazione. Invece aveva capito per primo quale fosse il futuro". 

L'arrivo della tecnologia sicuramente ha cambiato l'atteggiamento degli arbitri rispetto alle loro decisioni di campo, conferma Irrati: "Da ragazzino ti insegnano: prendi la decisione e cancella tutto. Se anche ti sembra di aver sbagliato, da qualche reazione, dimentica e volta pagina, sennò fai dieci errori a partita. Improvvisamente, diventava il contrario: appena hai deciso, apri la mente a un possibile errore perché magari arriva un aiuto e puoi rimediare. Noi 'anziani' dobbiamo insegnare ai giovani, che vengono dalla C, dove il Var non esiste, che non c’è nulla di scabroso ad andare al monitor. Anzi, ti fa andare a dormire tranquillo, perché magari hai sbagliato e ti sana un errore. A volte è talmente chiaro da subito che sei devastato, te ne rendi immediatamente conto dalla reazione dei calciatori. Ancora di più se sai che le conseguenze di un tuo errore sono gravi. L’arbitro bravo è quello che riesce in 3 giorni, un giorno, 12 ore, a cancellare le polemiche e a tornare in campo al livello a cui era prima". 


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