Irrati: "Ecco perché ho scelto di dedicarmi al VAR. Gli audio in tv? Ho una speranza"
"Arbitrare con gli auricolari fu un trauma. Mi destabilizzò al punto che all’esordio, nell’intervallo, chiesi ai guardalinee: se riuscite, non mi parlate, sennò non capisco nulla". Questo è il debutto dell'intervista a La Repubblica di Massimiliano Irrati, primo arbitro a rinunciare all'attività sul campo per dedicarsi interamente a quella di supervisore al monitor: "E senza che nessuno me lo chiedesse. Perché questa scelta? Perché è un’attività talmente specializzata che serve farlo per il 100% del tempo. In campo serve avere un impatto anche irruento con i calciatori, in cabina no. Un VAR deve essere stato arbitro di alto livello, o almeno della stessa categoria in cui va a operare. Ma anche UEFA e FIFA hanno preso questa strada: quando diventi élite fai solo una delle due".
Rischia di condizionare la prestazione fare entrambe le cose?
"L’ho provato sulla mia pelle: quando sei arbitro pensi sempre a quello, ti alleni per quello, ma poi se vai a fare il Var puoi essere focalizzato anche sull’aspetto arbitrale: non dico giustifichi la decisione presa sul campo ma rischi di solidarizzare con lui e anche se la decisione può essere sbagliata dici: 'So cosa si prova, non voglio rovinargli la giornata'. Non serve assolutamente questo, serve tecnica arbitrale e una distanza che il terreno di gioco non ti dà, perché è passione, coinvolgimento emotivo. Componenti che il Var deve il più possibile eliminare"-
Da Var si accorge se un arbitro perde il controllo della partita?
"Sabato scorso ho fatto il Var a un giovane, Bonacina, che è stato bravissimo. Il consiglio che gli ho dato è stato: arbitra e fai finta che io non esista. Se non sentirai la mia voce, hai fatto tutto bene. Non aspettarti incoraggiamenti o suggerimenti. Il rischio è di spezzare il ritmo, con un consiglio puoi destabilizzare. Quando mi è capitato un arbitro che aveva difficoltà di gestione della partita, ne abbiamo parlato dopo, anche col delegato arbitrale, per capire come fare meglio. Mai durante".
È favorevole a trasmettere l’audio del VAR in tv?
"Spero non si prenda sempre solo l’audio della cosa che crea discussione. Avete sentito l’audio famoso di Juve-Bologna? Ecco, quel giorno ne abbiamo fatti sentire tre e si è parlato solo di quello. Ma forse se fa notizia solo l’errore, vuol dire che la normalità è che facciamo le cose bene sempre. Poi, se tu scrivessi bene 99 articoli e ti pubblicassero solo uno in cui hai fatto un errore, come ti sentiresti? Un Var non ha tanto tempo: se un arbitro ha un secondo, noi ne abbiamo dieci".
Il rapporto con gli allenatori?
"A me interessa molto il loro punto di vista. A volte un movimento di un braccio a noi sembra naturale, loro ti spiegano: 'Guarda che non lo è assolutamente'. Se su venti allenatori tutti ti dicono che un fallo non è rigore, vuol dire che non lo è. Noi valutiamo il fallo con il regolamento, ma ti devi adeguare".