L'archetipo degli allenatori in campo: i casi nerazzurri
Fonte: it.uefa.com
Tommy Boyle, capitano del Burnley FC nei primi anni del '900, era stato il felice precursore di un'idea che negli anni si è incarnata nella figura che ora tutti chiamano 'allenatore in campo', quel giocatore, cioè, che è la diretta estensione sul terreno di gioco delle indicazioni che il tecnico può solo comunicare dalla panchina. Quando Boyle sosteneva "Sarà fortunata la squadra che avrà un genio per capitano" forse già pensava a tutta quella schiera di giocatori dall'intelligenza calcistica superiore che si sarebbe susseguita nella Storia del gioco più bello del mondo. Approfondendo l'argomento su Champions Matchday, la rivista ufficiale della UEFA Champions League, si scoprono delle storie particolari, ecco di seguito quelle che hanno riguardato l'Inter:
Picchi vs Herrera - Si dice che Herrera costrinse Picchi ad andare all'AS Varese perché era stato rimproverato dal giocatore dopo la sconfitta in finale di Coppa dei campioni del 1967 contro il Celtic FC. Angelo Moratti, allora presidente, ha però negato: "Picchi ha discusso senza arroganza e il trasferimento non è stato una vendetta".
Un altro binomio utilizzato di frequente è quello di "capitani coraggiosi", anche se forse è più adatto agli anni '60 e '70. Sandro Mazzola ricorda un episodio della Coppa dei Campioni 1963: "Giocavamo contro il Monaco ed eravamo rimasti in nove [il capitano Armando Picchi e un altro infortunato erano ancora in campo perché le sostituzioni non erano consentite]. Picchi mi ha cambiato ruolo e mi ha detto: 'Adesso gioca come tuo padre!' Sono diventato un leone, anche nei contrasti. A fine gara, la stampa ha elogiato [Helenio] Herrera ma il merito era di Picchi, un vero comandante".
L'Inter del Trap - Nell'Inter di Giovanni Trapattoni degli anni '80 e '90, il capitano era Lothar Matthäus. "Era capace di cambiare una gara da solo - racconta Aldo Serena -. Voleva sempre attaccare e a volte c'erano attriti fra lui e il Trap".