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L'infettivologo Di Perri: "Serie A, no a distinzioni geografiche per ripartire. Ecco i tempi"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Corriere dello Sport

"Far ripartire la Serie A con un sistema chiuso? Sì, si può. Con rigore e qualche sacrificio anche in termini di privacy, ma stiamo parlando di un mondo privilegiato". Questo quanto spiega il professor Giovanni Di Perri, infettivologo e direttore del dipartimento clinico malattie infettive presso l'Università di Torino, intervistato dal Corriere dello Sport. 

Che cosa si intende per sistema chiuso? 
"È semplice, bisogna stabilire chi è strettamente fondamentale per ogni società di calcio. In questo caso penso ai giocatori, allo staff tecnico, ai dirigenti più prossimi ma anche a tutti gli operatori come i magazzinieri, a chiunque si occupi della messa in sicurezza di impianti di allenamento o delle partite, fino ad arrivare agli autisti dei mezzi di trasporto. Tutti devono essere sottoposti alle stesse procedure". 
 
Un ritiro permanente sarebbe una soluzione ancor più sicura? 
"Certo, avere tutti i protagonisti di questo sistema chiuso in un unico ambiente rende il tutto più sicuro, soprattutto in termini di controllo". 
 
E chiuse saranno le porte anche degli stadi? 
"Sì, questo è tutto un altro discorso. Anzi, l'assenza di pubblico è una condizione imprescindibile. È un peccato, lo dico da tifoso e appassionato di calcio. Ma sarebbe un piccolo sacrificio a cui potremo tutti abituarci per avere in cambio un grande regalo come il ritorno del calcio in tv, per affrontare questa emergenza sanitaria abbiamo bisogno di momenti di divertimento, staccare dall'ansia da virus è fondamentale". 

Ci possono essere distinzioni geografiche? 
"Non credo che un territorio piuttosto che un altro faccia differenza. Sempre che si riesca a rispettare tutte le procedure necessarie per rendere questo sistema realmente chiuso". 
 
Insomma, quando si potrebbe ricominciare? 
"Domani magari no, ma prima si comincia e meglio è. D'altronde i tempi sarebbero solo quelli tecnici per rimettersi in moto e organizzarsi, diciamo che in due o al massimo tre settimane tutte le procedure potrebbe essere effettuate. Il punto cruciale è semmai quello sportivo e politico, è da governo e federazione che devono arrivare le procedure e i tempi".  


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