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Parla Daniele Scardina: "Non seguo la boxe, a me piaceva farla. La passione per l'Inter c'è sempre"

di Christian Liotta

Il 28 febbraio di due anni fa, il pugile italiano Daniele Scardina veniva colpito da un'emorragia cerebrale che lo ha portato a lottare tra la vita e la morte. Con la tenacia e la grinta mostrata sul ring, Scardina ha sconfitto la paura e ora, dopo aver pubblicato un libro che racconta la sua storia, ai microfoni della Gazzetta dello Sport, ripercorre quei momenti: "Cosa ricordo di quella sera? Purtroppo nulla. Ma se mi aiutano a farlo, alcune cose mi tornano in mente. Fui fortunato, all’Humanitas di Rozzano la sala operatoria era libera e di turno c’era la migliore equipe. Ricordo, invece, il mio risveglio due mesi dopo. Ho visto mamma e Giò: “Come va?” e io: “Ora che sono con voi, bene”".

Poi la riabilitazione.
"In clinica, in Brianza. Lì male. Le prime terapie davvero pesanti. All’inizio non parlavo, non mangiavo, era mamma a imboccarmi con bocconi piccoli piccoli, come un bambino".

Venti incontri vinti e uno solo perso, pochi mesi prima dell’aneurisma: un periodo difficile della carriera?
"Sì, era un periodo triste. Avevo perso con Giovanni De Carolis per il titolo WBO, ma di quel match oggi non ricordo nulla: arrivai male, costretto a dimagrire per stare nel peso. Probabile che da lì sia nato il mio male, a furia di togliere liquidi e di prendere colpi, vai a sbattere".

Continua a seguire la boxe? Per esempio l’incontro Tyson-Paul?
"Quello proprio no: una cavolata. Seguo poca roba, ma anche prima era così: la boxe mi piaceva farla. La passione per l’Inter, invece, quella c’è sempre anche se sono meno attento".


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